regia Licia Lanera; con Danilo Giuva e Licia Lanera; chitarra e voce Dario Bissanti / batteria Giorgio Cardone / basso Nico Morde Crumor
luci Cristian Allegrini; fonica Francesco Curci; scene Riccardo Mastrapasqua; aiuto scenografo Silvia Giancane; costumi Angela Tomasicchio; assistenti alla regia Annalisa Calice e Caterina Filograno;
co-produzione Compagnia Licia Lanera / TPE - Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi
Siamo ad aprile, in scena campeggiano un divano, bianco come la neve appena scesa mentre fuori si attende una metereologica primavera che contrasta con l’eterno inverno dell’animo, un maiale scuoiato appeso per le gambe ed una rock band di tre elementi pronta a dettare la colonna sonora con i ritmi rockettari targati Joy Division e Nirvana: in tutto questo ci si potrebbe chiedere come possa entrare Majakowskij, poeta e drammaturgo "maledetto" morto suicida a trentasette anni nel 1930. Ebbene la figura dello scrittore russo diventa da subito il pretesto per una più ampia riflessione a tutto campo su paure ed attese, su illusioni e sogni, che attraversano l’animo dei due protagonisti, un uomo e una donna rinchiusi in casa che Licia Lanera e Danilo Giuva declinano con i giusti toni nelle molteplici sfaccettature di artisti e persone comuni.
Le parole in apertura di Pier Vittorio Tondelli per la drammatica descrizione dell’uccisione del maiale, vero e proprio topos della cultura popolare mittleuropea, danno il via ad una serie di sequenze narrative in cui realtà e finzione si mescolano di continuo, moltiplicando il piano di percezione di uno spettatore posto di fronte ora alle prove di una piéce teatrale, ora testimone di un umanissimo sfogo su quel terrore di invecchiare che atrofizza capacità intellettuali ed istinti creativi: nel continuo entrare ed uscire metateatrale, gioco di rimandi che l'interessante scrittura e regia della Lanera rendono in maniera rapsodica, trovano spazio inserti della scrittura di Majakowskij, eclettico e tormentato artista capace di indugiare persino nell'atto estremo della morte scegliendo di spararsi non alla tempia per non sfigurare il viso, si deve pur sempre preservare la componente estetica del nostro vivere, ma al cuore, appena sotto il capezzolo sinistro, per una piccola e quasi insignificante macchia di sangue. E se un comune denominatore alle diverse anime del racconto si deve trovare, questo alla fine è proprio la presenza della morte, riferita ad un suino come ad un essere umano, atto imposto da una comunità o deliberatamente scelto dal singolo, ma pur sempre momento catartico che libera l’essere animale-umano dai fantasmi di una vita intera.
Sulle scatenate note di Dario Bissanti, Giorgio Cardone e Nico Morde Crumor, dopo sessanta minuti si spengono le luci di uno spettacolo adrenalinico e poetico che Licia Lanera sceglie di chiudere in versione rockstar, immergendosi per l’ultima volta nella parola majakowskiana con l’interpretazione colma di dolore della struggente La nuvola in calzoni, lirica manifesto delle inquietudini e dei patimenti del suo tormentato autore.
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