traduzione Monica Capuani, Massimiliano Farau
con Filippo Dini, Mariangela Granelli, Lucia Mascino
regia Filippo Dini; scene Maria Spazzi; costumi Katarina Vukcevic; luci Pasquale Mari; musiche Aleph Viola; aiuto regia Carlo Orlando
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale IIn accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di United Agents LLP. Spettacolo consigliato ad un pubblico adulto
Nell’efficace traduzione di Monica Capuani e Massimiliano Farau rivive il racconto di Ralph, pedofilo assassino per nulla pentito, di Nancy, madre di una delle sue vittime, e di Agnetha, psicologa del crimine intenta a capire se possa esserci possibilità di perdono anche per i crimini più efferati: tre teste pensanti, tutte imprigionate in un "ghiaccio" esistenziale che per Ralph è la malata mente criminale, per Nancy la dicotomia odio/perdono, per Agnetha i meandri più nascosti della propria scienza. E se il tempo cura tutta le ferite, trascorsi vent’anni, ecco la madre lentamente aprirsi al perdono, spinta dalla figlia maggiore ormai ragazza matura, al pari della psichiatra anch’essa alle prese con i fantasmi del proprio passato: lato suo Ralph, dopo un inaspettato incontro/scontro con Nancy in cui la donna si mostra disponibile all’indulto, sceglierà la strada del cappio quale tardiva ammissione di consapevolezza.
Il testo, in assoluto non un capolavoro, si sviluppa per cento minuti filati ambientati in una scena a più livelli visivi, glaciale labirinto dove si consuma il viaggio nel tempo dei tre interpreti protagonisti di un’eccellente prova attoriale: l’ottimo Filippo Dini è lo spietato assassino prigioniero di una natura bifronte in perenne bilico tra sanguinaria lucidità ed ataviche fragilità, mentre Mariangela Granelli e Lucia Mascino non meno impressionano nei panni della madre capace di aprirsi alla comprensione e di una scienziata messa a dura prova dai continui conflitti tra immagine pubblica e sfera privata. Sarà proprio grazie all’ottimo lavoro interpretativo, ben assecondato dal disegno registico attento a non invadere mai il campo del registro attoriale, che il "ghiaccio" dell’anima lentamente si scioglie, lasciando in eredita allo spettatore interrogativi figli di un testo non facile il cui maggior pregio è farsi strumento di indagine per le singole coscienze chiamate, ciascuna a modo suo, a fornire possibili risposte.
Ghiaccio.jpg