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I confini e gli sconfinamenti di oggi raccontati dal FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI
a cura di Roberto Canavesi
Ventottesima edizione per la rassegna ideata e diretta da Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla
Torino, da martedì 10 ottobre a domenica 5 novembre 2023
Indossata da tre anni la livrea autunnale, dopo due decenni abbondanti vissuti come rassegna estiva dedicata alla ricerca ed alla sperimentazione teatrale, il Festival delle Colline Torinesi – Torino Creazione Contemporanea di Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla si accinge a vivere l’edizione 2023, la ventottesima, con l’abituale carico di attese proprie di un programma i cui numeri da soli valgono come biglietto da visita: 5 prime assolute e 6 produzioni per 16 spettacoli in 26 giorni ed un totale di 41 recite, dall’anteprima di martedì 10 ottobre a domenica 5 novembre.
Fedele alla sua missione di rassegna attenta ai linguaggi della creazione contemporanea come ai temi di un presente sempre ricco di spunti di indagine ed analisi, l’edizione 2023 delle Colline è dedicata al binomio "Confini-Sconfinamenti", termini di grande attualità nelle sue possibili interpretazioni: dal confine geografico ogni giorno disperatamente "sfidato" in caso di fuga dal proprio paese agli sconfinamenti tra i differenti linguaggi artistici che proprio la quotidianità cerca di raccontare, letture tra loro complementari di un presente spesso a braccetto con termini quali esuli e profughi, migranti e rifugiati.
Con il direttore Sergio Ariotti abbiamo commentato il programma, organizzato in stretta sinergia con la Fondazione TPE diretta da Andrea De Rosa, che anche quest’anno può fregiarsi di significative collaborazioni come quella, ormai consolidata, con la Fondazione Merz nei cui spazi  avranno luogo appuntamenti di teatro più sperimentale.

Ad un’attenta lettura l’impressione è che catalogare il programma nel tema "Confini-Sconfinamenti" possa risultare un limite, tante e tali sono le declinazioni del tema madre a loro volta punto di partenza per non meno suggestivi percorsi: quali le coordinate di quest’anno?

"Confini-Sconfinamenti è un tema contenitore da intendersi in un’ottica estesa che noi abbiamo voluto declinato sull’idea di migrazione, di fuga dai propri paesi, di rapporto con le singole forme di totalitarismo. Ci sarà quindi una grande attenzione riservata sia alle migrazioni storiche, con un progetto legato alle figure di Walter Benjamin ed Hannah Arendt, sia alle migrazioni del nostro tempo: il tutto senza pretesa di analizzare nessun fenomeno in particolare, semmai ragionando sui desideri di cambiamenti di intere generazioni, i giovani iraniani o la dittatura egiziana. Ed ancora, prima derivata dal tema madre, l’indagine sul binomio migrante-profugo, al pari dell’analisi sul concetto di memoria, sull’importanza della sua difesa, con particolare attenzione alla costruzione della memoria del presente come ben illustrato dallo spagnolo Sergi Casero Nieto e dal suo lavoro sul franchismo".

Da prassi consolidata il percorso festivaliero si lega ad un paese "ospite", quest’anno il Libano, pretesto per un’analisi a tutto campo intorno le dinamiche artistiche e socio-politiche che lo attraversano: quali i significati della presenza di Wajdi Mouawad, autore del Birds nell’allestimento anteprima diretto da Marco Lorenzi, e di Lina Majdalanie e Rabih Mroué, artisti di casa pronti a metter in scena testi di tre scrittori libanesi in cui si racconta di esilio come di esistenze trascorse in un paese che si è dovuto abbandonare?
"La storia del Libano è una storia un po’ a parte in quanto lo considero per certi aspetti un paese molto curioso e contraddittorio, partendo proprio dal chiedersi perché sia nazione dalla straordinaria proliferazione di performer ed artisti. Ci siamo mossi da questa idea creando una serie di proposte, gli spettacoli ma anche una mostra al Polo del ‘900 e una video installazione alla Fondazione Merz, nel tentativo di perseguire e proseguire quel ragionamento complessivo che portiamo avanti da alcuni anni, capire e scoprire di più su questo paese che merita di esser studiato ed analizzato.
Più in generale quando noi scegliamo una nazione ospite vorremo tanto che ci fossero nel cartellone quattro o cinque artisti a rappresentarla, per quanto poi si devono fare i conti con il portafoglio e con una sperequazione tra Italia ed altre realtà europee che investono molto di più nel teatro"
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A fianco degli artisti italiani, Mulino di Amleto e Licia Lanera, Motus e Muta Imago, Romeo Castelluci, Massimiliano Speziani e Matilde Vigna, spicca la consueta presenza di ospitalità straniere: dai già citati Majdalanie e Mroué a Agrupaciòn Senor Serrano, passando per Peeping Tom, Mehr Theatre Group e Sergi Casero Nieto, per un viaggio che non conosce confini e culture. In una rassegna come le Colline che ruolo ha la presenza internazionale?
"Chi ci conosce da vicino sa bene che noi abbiamo ospitato nel corso degli anni con molta frequenza compagnie internazionali a testimoniare come sia indubbio che si voglia favorire il confronto tra spettacoli italiani e non: in primis perché a guadagnarci sarà il pubblico ed in secondo luogo perché, per parola degli stessi artisti, si crea una sorta di osmosi professionale, processo di scambio tra il consolidato modus operandi italico ed uno internazionale. Ciò premesso, se vogliamo esercitare una piccola forma di autocritica, quando prendiamo spettacoli internazionali tendiamo inevitabilmente sempre a prendere allestimenti dalla storia già riconosciuta mentre sarebbe interessante aprirsi a nuove realtà professionali, portare compagnie i cui linguaggi sono ancora in corso di definizione affiancando a gruppi già famosi alcuni collettivi fuori dai grande circuiti ma meritevoli di esser scoperti".

Per chi ha vissuto da vicino le Colline è risaputo come gli approfondimenti sulla scena contemporanea si accompagnano a importanti sodalizi organizzativi: Fondazione Merz e Torinodanza, Museo del Cinema e Fondazione TPE, senza dimenticare il Teatro Stabile, tutti legami con cui ampliare i propri orizzonti di indagine. Quale l’effettiva valenza di queste partnership?
"In assoluto abbiamo sempre pensato che queste condivisioni siano importanti sia da un punto di vista meramente organizzativo che specificamente culturale: gli spettacoli non sono mai l’esito casuale del pensiero di un singolo artista, semmai la conseguenza di un modo di intendere il contemporaneo che può interessare e coinvolgere soggetti diversi. Siamo ovviamente molto soddisfatti del rapporto con il Teatro Stabile ma anche con la Fondazione Merz, sodalizi che ci hanno permesso nel corso degli anni di scoprire partner pronti a ragionare insieme a noi nell’individuazione di possibili sentieri comuni da percorrere partendo da idee anche lontane dal nostro orizzonte originario.
A tutto questo si deve aggiungere il rapporto con la storia, da sempre un mio chiodo fisso, e molti di questi partner hanno avuto un ruolo fondamentale come, per l’edizione 2023, il contributo di Aldo Salassa per il convegno sul franchismo organizzato al Circolo dei Lettori: più in generale in una città come la nostra poter interloquire da un punto di vista culturale con soggetti diversi è senza dubbio basilare anche e soprattutto per il fatto di poter scoprire retaggi ed esperienze da condividere e mettere a fattor comune"
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In chiusura un passaggio sul presente "contraddittorio" che ci troviamo a vivere: la storia quasi trentennale delle Colline testimonia l’evoluzione vissuta nel rapporto arte/società. Dove individuare la funzione di un modello di teatro che ha sempre cercato di indagare le dinamiche del presente con gli strumenti della scena contemporanea?
"Un po’ di tempo addietro avrei risposto a questa domanda dicendo che alcuni festival suppliscono a certe mancanze dei grandi teatri: oggi, onestamente, credo non si possa più ragionare in questa direzione, se è vero che anche le realtà più istituzionali si sono aperte all’indagine ed alla proposta della sperimentazione teatrale. Credo pertanto si debba dire che i festival hanno il compito/obbligo di mettere insieme diverse forme di ricerca teatrale: se in una stagione tradizionale che si sviluppa da ottobre a maggio possono trovare spazio tre o quattro titoli di questa natura, il festival di turno può presentarne un numero maggiore in un arco di tempo più ridotto. A ciò si aggiunga che un festival può anche creare una monografia sul singolo paese o intervenire in soccorso di certe mancanze a livello di programmazione portando in città, nel nostro caso ad esempio in sinergia con il Teatro Stabile, una figura di assoluto prestigio come Romeo Castellucci".

Tutto il programma del Festival delle Colline Torinesi – Torino Creazione Contemporanea edizione 2023 è disponibile e consultabile sul sito www.fondazionetpe.it dove sono disponibili le indicazioni per acquisto biglietti e carnet abbonamenti.
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