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QUELLO CHE L'ACQUA NASCONDE nella Torino di ieri e di oggi
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Gobetti di Torino il 22 maggio 2018
Liberamente tratto dal romanzo di Alessandro Perissinotto 

con Lorenzo Bartoli, Valentina Virando, Bruno Maria Ferraro, Lorenzo Paladini, Andrea Fazzari; voce di Michele Di Mauro 

regìa Ivana Ferri; luci e scene Lucio Diana; musiche Joe Cocker, Janis Joplin, Joan Baez, Bungaro

elaborazione drammaturgica Ivana Ferri 

Produzione Tangram Teatro
Spiazzante giallo dalle fosche atmosfere Quello che l’acqua nasconde di Alessandro Perissinotto è racconto multiforme che indaga la Torino ferita dagli Anni di Piombo e dalla tragica realtà di ospedali psichiatrici cui la Legge Basaglia cercò definitivamente di porre freno: in questa cornice a due facce si sviluppa la vicenda di Edoardo Rubessi, genetista di fama mondiale in odore di Nobel, che di passaggio in Italia con la moglie Susan, dopo decenni trascorsi negli Stati Uniti, si trova a fare i conti con i fantasmi di un passato tanto lontano quanto mai dimenticato. 

Narrazione incalzante, in uno stile di per sè già molto teatrale, la parola di Perissinotto rivive ora nella trasposizione scenica che Ivana Ferri firma per Tangram Teatro in una versione attenta all’originale letterario quanto ricca di rimandi e ricordi per una generazione chiamata a vivere in prima persona anni di profonda inquietudine: l’esito finale è uno spettacolo ``a scatole cinesi” con filoni narrativi e di intreccio che si aprono uno dietro l’altro in un allestimento pronto a spaziare dalla vicenda biografica alla testimonianza documentale di un’epoca il cui lessico famigliare erano termini come Prima Linea ed Angelo Azzurro, storico locale nella centralissima Via Po sede di un tragico incendio, Lotta Continua o Villa Azzurra, il nosocomio-lager dentro cui Rubessi è internato per dieci interminabili mesi. Il tutto sullo sfondo di una Torino in continua trasformazione, città salottiera della buona borghesia ma anche terreno fertile per studenti insoddisfatti pronti ad imbracciare le armi nel tentativo di ripristinare una non meglio definita equità sociale.

Novanta minuti filati con pubblico e privato rincorrersi ed intersecarsi avendo comune denominatore la presenza, o meglio la voce e l’ombra, di un vecchio dalla misteriosa identità, spettro di un passato che reclama tardiva giustizia, e che spalanca gli impensati scenari attorno al centro dell’attività indagatoria di una confusa Susan e dell’amico d’infanzia Aldo: e se doppio è il percorso narrativo, doppio è anche il piano visivo ideato ed illuminato da Lucio Diana, spazio fisico e mentale al cui interno si snoda il racconto dell’Edoardo Rubessi di Lorenzo Bartoli in bilico tra un presente in grande spolvero, ed un passato ricco di ombre e misteri. Personalità combattuta ed a tratti ambigua, Rubessi divide la scena con la Susan di una convincente ed ostinata Valentina Virando e l’Aldo del rassicurante Bruno Maria Ferraro. Concorrono da ultimo al successo della serata, salutata da calorosi e convinti applausi, Andrea Fazzari, Lorenzo Paladini ed il contributo in voce di Michele Di Mauro per il ritratto di una Torino che fu, tra canzoni d’epoca ed immagini da cartolina, in un’istantanea non priva di dolorosa ed amara inquietudine.
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