Scrivi sempre a mezzanotte (Donzelli)
drammaturgia Fabrizio Sinisi; traduzione Nadia Fusini; regia Andrea De Rosa
con Anna Della Rosa
scene Giuseppe Stellato; luci Pasquale Mari; suono G.U.P. Alcaro; costumi Ilaria Ariemme; aiuto regista Paolo Costantini; datore luci Roberto Gelmetti; fonico Claudio Tortorici; sarta Milena Nicoletti; musica di scena sinfonia n. 6 (patetica) Čajkovskij
Produzione TPE – Teatro Piemonte Europa
Nella distesa di prato verde con al centro un enorme albero, la scena è di Giuseppe Stellato, si materializzano i pensieri e le parole non tanto dell'Orlando personaggio immaginario che da uomo diventa donna, quanto della Woolf donna di lettere, autrice capace di dar forma a suggestioni letterarie tradotte in sessanta minuti di spettacolo dall'applauditissima Anna Della Rosa. Pare, infatti, sin da subito evidente come attorno a questo gioco di ruolo ruoti un congegno teatrale che non affida all'interprete i panni di Orlando, ma quelli della sua creatrice, di una Woolf capace di precorrere i tempi parlando di genere e di identità, sbattendo in faccia ai suoi lettori tematiche per la sua epoca inaspettate.
Un grande inno alla libertà ed alla scrittura, sono questi gli estremi all'interno dei quali oscilla la parabola narrativa del racconto: e se per la prima non si può non ricorrere alla figura di Orlando come a quella di Vita Sackville-West, negli anni destinataria di un intenso carteggio epistolare da parte della Woolf, il rapporto con la scrittura è evidente nella pulsione creativa che investe Anna-Virginia, angoscia che va di pari passo al non meno manifesto terrore della riga incompiuta, della pagina bianca.
Proprio un diluvio di fogli alla fine ricoprirà dall'alto la protagonista, magnifica interprete di uno spettacolo per il quale, più che di classico monologo, calzerebbe meglio la definizione di immaginario dialogo con le diverse anime di un'autrice la cui immagine fa capolino in non poche istantanee: in continuo movimento sul verde prato, con una recitazione ora misurata e contenuta, ora più fisica e gestuale, la Della Rosa riesce alla perfezione nell'intento di dar forma ad un ritratto alieno da ogni possibile definizione identitaria, in perfetta continuità con quella direttrice di intenti ai tempi della Woolf ardita provocazione, oggi pretesto per un dibattito di assoluta attualità.
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