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Confini e sconfinamenti per il FESTIVAL DELLE COLLINE TORINESI, anno 2022
a cura di Roberto Canavesi
Con Sergio Ariotti alla scoperta della ventisettesima edizione del festival di creazione contemporanea
Torino, da martedì 11 ottobre a domenica 6 novembre 2022
Per chi è convinto che un festival teatrale sia creatura immutabile nel tempo, al riparo da cambiamenti anche profondi nella propria struttura, consigliamo uno sguardo approfondito alla "vita" del Festival delle Colline Torinesi. Torino Creazione Contemporanea da Sergio Ariotti ed Isabella Lagattolla ideato con coraggiosa lungimiranza nel 1996, prima edizione di un cammino giunto al ventisettesimo anno di vita: da martedì 11 ottobre a domenica 6 novembre spazio a spettacoli e performance allestite in quella che negli ultimi anni è diventata la casa del festival, il Teatro Astra, come in altri spazi cittadini in nome di una diversificazione di proposte e sedi che possa coinvolgere e interessare l’intero territorio torinese. 
Con Sergio Ariotti abbiamo cercato di delimitare lo spazio all’interno del quale, nelle tre settimane di cartellone, prenderanno vita sette prime assolute, otto produzioni per venti spettacoli articolati in ventisette giorni con trentasette recite. 

Il tema di quest’anno è il rapporto confini/sconfinamenti, percorso di riflessione necessario per l’abbattimento delle barriere tra i linguaggi artistico-espressivi, e per il cui superamento si realizzano spettacoli e performance in contesti anche molto differenti dalle sedi tradizionali: quali le coordinate guida per l’edizione 2022? 
"La carta di identità dell’edizione di quest’anno è avere più linguaggi espressivi e rompere consolidate e resistenti barriere secondo cui o si fa teatro di parola, o danza o performance d’arte, senza considerare come tutti questi differenti linguaggi si possano contaminare tra di loro. Confini/sconfinamenti può però anche esser letto come andare fuori dai propri paesi, spesso non per libera scelta, e questo è qualcosa che sta succedendo molto nel mondo: abbiamo quindi deciso di affrontarlo in vario modo sia attraverso la ricerca di possibili combinazioni tra teatro ed arte, teatro e danza, teatro e cinema, sia con precise proposte spingendoci a parlare, ad esempio, delle diaspore degli intellettuali nella repubblica di Weimar, come nella proposta di Teatro Sotterraneo.
In questi mesi si è molto lavorato sui confronti e sulla creazione di momenti di approfondimento con importanti ricadute per gli spettacoli stessi, consapevoli di come in origine possano rappresentare un rischio: se lo spettatore a teatro riesci a portarlo, è molto più difficile convincerlo a partecipare ad un dibattito o ad un convegno tematico
". 

Nel corso del tempo le Colline, come mi piace chiamare la vostra rassegna in ricordo del loro passato itinerante, ha assunto sempre più una vocazione internazionale, adottando ogni anno un paese in una sorta di ideale residenza artistica: quali i motivi di questa apertura, ormai diventata cifra identitaria della rassegna, e su quale nazione ci si concentrerà quest’anno? 
"Nel 2022 la nazione che viene osservata è il Belgio: quest’anno siamo riusciti a farci promotori per Mette Ingvartsen della realizzazione di una tournee italiana che toccherà, oltre a Torino, anche Roma, Prato e Cagliari. L’idea del paese ospite ci piacerebbe riuscire a trasmetterla anche ad altre realtà del teatro italiano all’interno di un processo che vorremmo entrasse a far parte di un preciso e riconosciuto modello organizzativo. Per il prossimo anno sono già allo studio possibili opzioni che prevedano il coinvolgimento di altri paesi, anche se all’attuale stato dell’arte non escludiamo l’apertura di una seconda finestra sul panorama belga"

Dall’edizione del 2021 il Festival ha sposato la causa della “Monografia d’artista”, spazio dedicato a specifiche realtà: per il 2022 sarà la volta di Motus, compagnia di cui si ripercorrerà la storia attraverso proposte, incontri ed approfondimenti. Quali le motivazioni che vi hanno indotto a "concentrare" parte del programma su di una singola realtà
"Lo scorso anno si è inaugurata questa sezione con l’omaggio alle tre differenti anime della Societas Raffaello Sanzio: questa novità del programma, in verità, avevamo già cercata di attuarla anche in passato lasciando più spazio ad un artista rispetto ad un altro, se non fosse che la pandemia ha interrotto la prassi in via di consolidamento. Quando ci siamo guardati intorno per ripartire abbiamo reputato interessante fare qualche operazione di memoria riaprendo i cassetti del passato e riproponendo spettacoli già visti ed ospitati. Siamo molto contenti che all’interno del Festival abbiano trovato spazio il paese ospite e la monografie, due occasioni per offrire riconoscibilità che il pubblico sta dimostrando di apprezzare. Ed ancora, intorno alla monografia di artista, sono nate importanti collaborazioni: il Museo del Cinema ci ha offerto una settimana di programmazione di tutti materiali video dei Motus e con la rassegna The Others si è definito l’allestimento di un’installazione formata da teche contenenti migliaia di fotografie che il pubblico potrà portarsi via consolidando quel legame tra compagnia e spettatore creatosi nel corso del tempo"

Scorrendo il cartellone ci si muove tra contaminazioni con nuovi linguaggi, sguardi internazionali ed attenzione alla tradizione: dall’universo performativo di Madalena Reversa, Giuseppe Stellato e Virgilio Sieni ad alcuni artisti emergenti come Mattia Cason, Francesco Alberici e Astrid Casali, passando, nel caso di Alba Porto e Benedetta Parisi, alle indagini sui conflitti tra generazioni. Un’offerta ad ampio raggio che sottende un preciso indirizzo progettuale anche in prospettiva futura: come vedi il Festival tra dieci anni? 
"Intanto lo vedo con un direttore più giovane che aumenti le relazioni con il teatro internazionale: noi ci proviamo e ogni anno portiamo quattro o cinque spettacoli, ma a me piacerebbe che ogni anno da oltre confine arrivassero una decina proposte, ampliando lo sguardo artistico e critico non solo in Europa. Se avverto nel teatro italiano una patologia, questa è proprio quella di essere troppo provinciale: bisogna riuscire ad andare oltre determinati steccati, spingendosi verso orizzonti geograficamente anche molto distanti ma la cui (ri)scoperta non potrà che giovare all’intero sistema in termini di riconoscibilità di un preciso valore artistico. Di questi possibili legami con il teatro internazionale, che inutile dirlo prevedono un certo impegno economico, in alcune occasioni si è già parlato con le istituzioni cittadine, riscontrando interesse e disponibilità ad eventuali futuri approfondimenti"

Avendo frequentato il Festival sin dai suoi inizi, concedimi una chiusura rivolta al passato: nelle prime edizioni ogni serata aveva un palcoscenico diverso tra ville d’epoca, castelli, spazi aperti delle colline torinesi. Con il passare degli anni il Festival è diventato più cittadino, spostandosi da ultimo anche come collocazione temporale, da inizio estate all’autunno. Nostalgie personali a parte, ripensando al preciso modello culturale che ha accompagnato la nascita del Festival, oggi sarebbe possibile riproporlo? 
"Sarebbe quasi impossibile perché noi siamo nati con il preciso obiettivo di proporre prova d’attore e spettacoli mentre la programmazione teatrale era praticamente ferma e silente nei grandi teatri cittadini: in sintesi facevamo teatro fuori dai teatri con i teatri chiusi. Oggi il quadro generale è di molto cambiato: molti dei grandi teatri fa proposte estive, ci sono altre realtà che fanno programmazioni tra giugno ed agosto ed un ipotetico nuovo Festival delle Colline Torinesi non rappresenterebbe un’alternativa a qualcosa, ma una proposta in più, con la conseguente maggiore difficoltà a fare lo stesso tipo di percorso.
Certo, con il senno di poi, posso dire che dovessimo nascere oggi penserei a grandi spettacoli internazionali da presentare per un maggior numero di serate, senza tralasciare il fatto che noi ci siamo sempre più orientati verso quella creazione contemporanea che in taluni casi necessità di significative dotazioni e apparati tecnici e tecnologici per nulla trascurabili: un altro mondo rispetto alle originarie performance di Marisa Fabbri, Roberto Herlitzka e Mauro Avogadro, tanto per fare tre nomi, per i quali in collina il microfono talvolta era già di troppo"


Per gli spettacoli dell’edizione 2022 del Festival delle Colline Torinesi. Torino Creazione Contemporanea biglietti a Euro 18 ed Euro 12 acquistabili alla biglietteria del Teatro Astra, collegandosi al circuito www.vivaticket.it o la sera stessa nelle diverse sedi un’ora prima dell’inizio: programma completo con indicazione date ed orari su www.festivaldellecolline.it e www.fondazione.tpe.it
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