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I diabolici ingranaggi dell'amore malato di DULAN LA SPOSA
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Gobetti di Torino giovedì 13 ottobre 2022
di Melania Mazzucco 

con (ordine alfabetico): Valerio Binasco, Mariangela Granelli, Cristina Parku 

regia Valerio Binasco; scene Maria Spazzi; costumi Katarina Vukcevic; luci Alessandro Verazzi 

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale 
Lui, lei, l’altra: riesumiamo il vecchio impianto del teatro borghese per la struttura di Dulan la sposa, atto unico di Melania G. Mazzucco in origine radiodramma ed ora allestimento diretto ed interpretato da Valerio Binasco per lo Stabile di Torino: nato vent’anni addietro come esperimento radiofonico, il racconto della Mazzucco è un sogno lucido, per dirla alla Spregelburd, onirica immersione immaginata intorno ad un’idea di amore borghese, desiderato e partecipato, ma anche violento e sofferto.

Nella scena bianca ed asettica disegnata da Maria Spiazzi, anonimo spazio fisico come inquietante proiezione mentale, ci imbattiamo in un Lui e in una Lei, coppia non più ragazzina alle prese con la quotidianità di una passione da vivere ogni giorno: e se l’uomo sembra avere i tratti del manager in carriera, la sposa si mostra sin da subito inquieta, adducendo al ritrovamento nella piscina del condominio del cadavere di una giovane il motivo del suo stato emotivo. Il corpo, si apprende, appartiene ad una ragazza dall’identità sconosciuta, secondo Lui una delle tante che arrivano "in questa parte del mondo dall’altra parte del mondo" alla ricerca di un futuro.
Ben presto, però, i nodi vengono al pettine e ricorrendo al più classico dei flashback la Mazzucco riporta indietro l'orologio del tempo a quando, con l'alloggio ancora in ristrutturazione, Lui si imbatte una sera in questa impaurita giovane accucciata sull'uscio di casa: dopo averle dato ospitalità ed averla sfamata, tra i due inizia una relazione parallela, amore fantasma vissuto di nascosto tra le quattro mura di un alloggio di cui la ragazza diventa sconosciuta e scomoda custode. "Tu sei il mio segreto", ripeterà più volte l'uomo sempre più carnefice, ma anche vittima, di un rapporto assai fisico e poco mentale, dove l'aspirazione della giovane donna di costruirsi la famiglia da sempre sognata si scontra ogni giorno con pulsioni maschili pronte a vedere in lei il semplice oggetto di trastullo sessuale, un corpo da possedere su cui sfogare le proprie fantasie, salvo poi abbandonarlo in un angolo. 

E’ un amore malato quello che prende forma, destinato a non salvarsi né a salvare chi lo vive, semmai a sprofondare tutto e tutti nell'oblio della disperazione e del dramma in cui, inevitabilmente, alla fine si risolverà. Ottanta minuti filati scanditi dall'alternanza tra l'apparente normalità dei dialoghi tra i due coniugi e i sempre più violenti amplessi consumati su di un materasso buttato per terra alla stregua di improvvisata alcova, attimi di beluina ferocia con la ragazza ad implorare umanità ed amore, ricevendo in cambio solo disprezzo e violenza: in un disegno narrativo che non esplode del tutto, parabola testuale forse più adatta all'ascolto radiofonico che alla visione teatrale (e se così fosse, quale allora il senso dell'operazione ?), prende forma l’incontro-scontro di tre diversissimi desideri di esclusività amorosa, differenti approcci alla vita destinati ad allontanare più che ad avvicinare, salvo poi risolversi tragicamente quando si rende manifesta l'impossibilità di reggerne i continui urti.

Se nella veste di regista ben asseconda i ritmi di un racconto a tratti drammatico, a tratti più leggero, in quella di attore Valerio Binasco è un Lui di desolante spregevolezza: pronto a riversare forza e violenza sulla giovane amante, è al tempo stesso vittima di un'atavica debolezza che al pari del Konstantin cechoviano lo vede incapace persino di spararsi un colpo. Compagni di scena sono la sposa di Mariangela Granelli, creatura inquieta e fragile nel suo vivere in preda a non meglio riconoscibili fantasmi e la ragazza di Cristina Parku, virago dall’esotico eloquio che la folta chioma corvina rende prossima ad una mitologica Medusa, senza nome e senza età, capace di avvinghiare lentamente la sua vittima tra i tentacoli di quella passione che la vorrebbe legittima sposa, e che invece le riserverà un ben più tragico destino.
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