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Il grande bluff della fine del mondo
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Carignano di Torino martedì 28 luglio 2020
di Philipp Löhle; traduzione Clelia Notarbartolo 

con (in ordine alfabetico) Roberta Calia, Yuri D'Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Maria Tronca e Gianmaria Ferrario al contrabbasso, pedaliera, distorsioni e effetti sonori 

regia Marco Lorenzi; assistente alla regia Emily Tartamelli - dramaturg Thea Dellavalle; musiche composte ed eseguite dal vivo da Gianmaria Ferrario;  visual concept e video Eleonora Diana; sound designer Giorgio Tedesco; luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco) 

uno spettacolo de Il Mulino di Amleto; una produzione TPE - Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale
"Mi aspetto una certa emozione dalla fine del mondo. Ma se anche questa si rivelasse un fiasco?" Nelle parole di Karl Kraus c’è la perfetta sintesi di Kollaps, profetico testo del tedesco Philipp Löhle che Il Mulino di Amleto porta in scena quale novità estiva della programmazione torinese di Summer Plays.

La tanto immaginata apocalisse, collasso di menti e di corpi destinato ad azzerare l’umanità, si risolve in una momentanea interruzione della rete internet, assenza di segnale che genera panico collettivo in uomini e donne con tanto di corsa verso un'improvvisata resa dei conti finale: la generale convinzione di vivere una giornata senza ritorno diventa il pretesto per rivedere in senso autocritico intere esistenze, per compiere gesti estremi, per rivalutare rapporti di coppia mai vissuti in totale trasparenza, per regalare e regalarsi, fosse anche per poche ore, libertà di pensiero e di azione a lungo agognate. Il tutto in un clima sospeso, dove ognuno pensa di sapere cosa stia succedendo, mentre in realtà nessuno ne conosce l’effettiva portata, in un'affannosa corsa all'ultimo desiderio per un mondo destinato a rivelarsi il trionfo dell’artificiale.

Profetiche le parole di Kraus al pari di quelle del giovane Löhle, autore nel 2015 di un complesso meccanismo che alterna il racconto del giorno dopo dei coniugi Becker alla narrazione di tante piccole apocalissi della folle ultima giornata: e di fronte ad un congegno così articolato, caratterizzato da continui incastri su differenti piani temporali, la sola strada da percorrere è quella di riporre la sciabola per imbracciare il fioretto, di assecondarne ritmi e impianti in un racconto impreziosito da un’amara e grottesca ironia. Unico approccio possibile che Marco Lorenzi segue alla lettera in cento minuti filati di parole, immagini e suoni con gli ottimi Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella ed Angelo Maria Tronca ispirati interpreti di una gattopardesca narrazione dove, alla fine, tutto cambia per non cambiare nulla: in un continuo gioco di rimandi visivi e musicali, ingranaggi di uno spettacolo autoalimentato da continue contaminazioni, Lorenzi ritrae lo spiazzante mosaico umano di Löhle con sequenze che mettono impietosamente alla berlina una consolidata e condivisa visione del mondo.
E nella malinconica solitudine finale del Signor e della Signora Becker, simboli della normalità all'ennesima potenza, si nasconde la non meno inquietante consapevolezza di un generale collasso umano e sociale destinato a risolversi, nella finzione scenica per il singolo personaggio, in un disarmante corto circuito, nella realtà dei fatti per lo spettatore che esce da teatro, in un tragicomico fardello molto simile alla realtà.
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