Lo spettacolo si rifà ad un reale fatto di cronaca che ha visto nel 2015, ad Ancona, una ragazza peruviana vittima di uno stupro di gruppo: increscioso episodio che le giudici della Corte d'Appello declassarono assolvendo gli imputati in quanto, a loro dire, la ragazza risultava "troppo mascolina" per essere attraente, e quindi vittima di violenza sessuale: per un ribaltamento completo del grado di giudizio si è dovuto attendere la Corte di Cassazione nella cui sentenza è stata certificata la condanna dei responsabili autori dello stupro.
Se questo è il dato oggettivo di mera cronaca non si può cancellare il precedente indelebile di un giudizio emesso per ragioni da ricondursi all'estetica della vittima, come se la ragazza sudamericana, soprannominata Vichingo dai suoi aguzzini, fosse da ritenersi "colpevole" del proprio aspetto: "come la Wonder Woman dei fumetti - scrive Antonio Latella - la ragazza vittima di stupro si batte per la giustizia, ma ogni incontro, dai poliziotti di quartiere alle giudici stesse, finisce per rafforzare l'idea di una comunità in cui non c'è spazio né per la pietà né tantomeno per la giustizia stessa". Partendo da questa vicenda lo spettacolo ne affida a quattro interpreti il racconto del caso giudiziario, immaginato e teatralizzato, in un flusso di parole senza interruzioni che invade la scena, a volte quasi s'arresta come il cuore di una giovane donna sottoposta a continui interrogatori, richieste e spiegazioni che la violenza subita non può rendere coerenti, logiche e senza contraddizioni.
"La deposizione della giovane vittima - precisa Federico Bellini - intrecciata alla sentenza delle giudici, accetta e raccoglie in sé anche le contraddizioni che caratterizzano ogni testimonianza, in un contesto sociale dove la ricerca della verità, più che promossa, pare piuttosto scoraggiata o strumentalizzata": in scena il testo prova a idealmente mettere su un ipotetico banco degli imputati non solo gli autori stessi del crimine, ma l'intera comunità di uomini e donne incapace di sottrarsi ai due estremi dell'omertà e della spettacolarizzazione del dolore.
Wonder woman, accorato grido di denuncia ispirato ad un fatto di vita reale che vedrà, come l'eroina disegnata e creata dallo psicologo e fumettista William Marston, la protagonista del racconto teatrale non arrendersi mai, forte di un'inscalfibile volontà interiore metaforicamente simboleggiata dal lazo della verità, arma che costringe chiunque ne venga avvolto a non mentire.
Produzione Fondazione TPE-Teatro Piemonte Europa, in collaborazione con Stabilemobile, testo di Federico Bellini ed Antonio Latella, sua anche la regia, Wonder woman vedrà in scena Maria Chiara Arrighini, Giulia Heathfield Di Renzi, Chiara Ferrara, Beatrice Verzotti: al Teatro Astra martedì 7 gennaio alle 21, mercoledì 8 gennaio alle 19, giovedì 9 gennaio alle 20, con biglietti a Euro 25 ed Euro 17. Info allo 011.56.34.352 o su www.fondazionetpe.it
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