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Five Easy Pieces
a cura di Giampiero Raganelli
Visto il 14 aprile 2018 al LAC - Lugano Arte Cultura
concetto, testo e messa in scena Milo Rau 
testo e interpretazione Rachel Dedain, Aimone De Zordo, Fons Dumont, Arno John Keys, Maurice Leerman, Pepijn Loobuych, Willem Loobuych, Blanche Ghyssaert, Polly Persyn, Lucia Redondo, Peter Seynaeve, Pepijn Siddiki, Elle Liza Tayou, Winne Vanacker, Hendrik Van Doorn & Eva Luna Van Hijfte 
attori film Sara De Bosschere, Pieter-Jan De Wyngaert, Johan Leysen, Peter Seynaeve, Jan Steen, Ans Van den Eede, Hendrik Van Doorn, Annabelle Van Nieuwenhuyse 
drammaturgia Stefan Bläske  
assistente e coach d’interpretazione Peter Seynaeve 
assistente alla produzione Ted Oonk
ricerche Mirjam Knapp, Dries Douibi 
creazione scene e costumi Anton Lukas 
video e suono Sam Verhaert 
coach musicale Herlinde Ghekiere 
coaches Françoise Vanhecke & Jakob Ampe 
realizzazione scenografie Ian Kesteleyn 
traduzione in francese Isabelle Grynberg 
regia tecnica Bart Huybrechts, Korneel Coessens, Piet Depoortere 
seconda camera Alexander Van Waes 
suono Henk Rabau 
organizzazione tournée Leen De Broe 
produzione CAMPO & IIPM
in coproduzione con Kunstenfestivaldesarts Bruxelles 2016, Münchner Kammerspiele, La Bâtie - Festival de Genève, Kaserne Basel, Gessnerallee Zürich, Singapore International Festival of Arts (SIFA), SICK! Festival UK, Sophiensaele Berlin & Le Phénix / scène nationale Valenciennes / pôle européen de création
con il sostegno di Regierender Bürgermeister von Berlin - Senatskanzlei - Kulturelle Angelegenheiten, Pro Helvetia, GGG Basel, le Gouvernement flamand, la Province de Flandre-Orientale et la Ville de Gand
L'opera di Milo Rau, regista svizzero tra i più acclamati d'Europa, con la sua compagnia, l'International Institute of Political Murder (IIPM), affonda e sviscera i rimossi della società, i delitti tanto di serial killer individuali quanto di stato o dei poteri forti come le multinazionali, sventagliando una polifonia di approcci alla rappresentazione del reale, la ricostruzione come messa in scena teatrale o come film. Proprio come suggerito dal nome della compagnia, il suo lavoro richiama quello della polizia scientifica, riesumare i cadaveri della società, analizzarli e portare gli esiti in un tribunale. È così anche per Five Easy Pieces che mette in scena uno dei fatti che più sconvolse l'opinione pubblica belga ed europea, il serial killer pedofilo Marc Dutroux che ha imprigionato, seviziato e ucciso una gran quantità di bambini. Fatto che Milo Rau collega a un crimine della stessa nazione belga, la colonizzazione del Congo, l'omicidio del leader indipendentista Patrice Lumumba, un tema su cui il regista torna nel film Das Congo Tribunal

A mettere in scena la vicenda di Dutroux non lesinando gli aspetti più raccapriccianti, la lettera della bambina scritta durante la prigionia in uno scantinato buio, i momenti in cui i genitori apprendono del ritrovamento del cadavere del figlio, sono attori bambini coadiuvati da un tutor. Cosa che sulla carta suona come pornografia delle immagini, o come tortura ulteriore inflitta ad altre innocenti creature costrette a simulare fatti terribili che tutti vorrebbero rimuovere. Milo Rau lavora però agli antipodi e compie l'operazione con grande delicatezza. Proprio uno dei bambini dice all'inizio che tutti loro conoscono Dutroux, tale è stata l'eco mediatica delle sue gesta criminali, da non risparmiare quindi neanche i più giovani spettatori. Un eventuale corruzione dell'innocenza dell'infanzia è già quindi avvenuta. E nella presentazione iniziale appare che alcuni bambini abbiano già interiorizzato il concetto di morte, la bambina orfana, quello cui è stato trapiantato un organo da un bambino morto. Poi c'è il carattere finzionale della messa in scena, continuamente sottolineato ed esplicitato, che funziona come raffreddamento, presa di distanza dai fatti. E poi la musica di Erik Satie, la melliflua e melensa Gymnopédie N.1 che imprime allo spettacolo un senso di complessiva serenità. E Rau sa comunque offrire più punti di fuga, con l'ironia, durante lo spettacolo. 

Sono sostanzialmente due i modi di ricostruire le scene della vicenda di cronaca. Bambini che doppiano e simulano alla perfezione, in puntuale sincronia, scene che avvengono su uno schermo di corrispettivi personaggi adulti. Oppure ricostruzioni cinematografiche, demarcate da un ciak (altra cifra stilistica del regista), riprese in diretta da una telecamera e proiettate. Su tutte le possibili ricostruzioni il teatro funge da macrostruttura: Five Easy Pieces inizia come un provino dei bambini e finisce con le loro considerazioni e rivincite sullo spettacolo, come la bambina che canta Rihanna. Uno degli appartamenti di Dutroux si trovava proprio vicino a uno dei teatri dove hanno provato, dice un bambino. Recitare è come far finta, come sognare, si dice in un'altra battuta.

Sono come delle marionette i bambini, secondo una metafora che ricorre nello spettacolo? Che confluisce nella bellissima rievocazione di Che cosa sono le nuvole?, l'episodio di Pasolini di Capriccio all'italiana, che viene raccontato oralmente da una bambina, storpiandolo, che dice di averlo visto tempo addietro; saggiamente Milo Rau evita di riproporre il film sullo schermo. Sono marionette i bambini sequestrati da Dutroux, costretti alle sue sevizie, imprigionati in stanze buie, che rivedranno il cielo e le nuvole solo una volta disseppelliti dalle loro fosse. Possono essere marionette anche i bambini attori dello spettacolo, chiusi in teatro per le prove, ma Milo Rau comprende alcune scene, l'accettazione della morte per esempio, che sembrano riproporre dei momenti del loro training, che sottolineano il carattere anche pedagogico del lavoro con loro. Ma il senso definitivo di Five Easy Pieces è la rivalsa delle marionette, la supremazia del mondo dell'infanzia, cui viene data la possibilità di vedere finalmente le nuvole.
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