Ci racconti la genesi del tuo progetto?
TK: Questo testo, Cuore di Mamma, della drammaturga triestina Daniela Dellavalle, mi ha toccato profondamente dal primo momento in cui l’ho letto. L’opportunità di portarlo in scena si è presentata nell’autunno del 2016. Io e Alice Lussiana Parente, che interpreta Mary e co-produce lo spettacolo, abbiamo ottenuto uno space grant allo Stella Adler Studio of Acting e abbiamo portato avanti la produzione di Cuore di mamma, di cui ho personalmente curato l’adattamento in inglese. Per quella prima edizione il cast era composto da Alice Lussiana Parente (Mary), Maite Uzal (Mrs. Phyllis) e me stessa (Psichiatra), per la regia a Kathy Gail MacGowan, con la quale avevo collaborato in passato. Successivamente il testo è stato accettato al Midtown International Theater Festival, Summer 2017. Per quell’occasione ho deciso di prendere in mano la regia personalmente e abbiamo affidato il ruolo della psichiatra a Selamawit Worku e il ruolo di Mrs. Phyllis a Marianne Goodell, che riprenderanno i loro personaggi per InScena!
FC: Dhana è una sceneggiatura scritta da me e Giulia Corda. È la storia di una giovane donna siriana che abita a New York, una scienziata che ha dimenticato tutto del suo passato, ma che quando pensa di aver visto sua nonna estraniata in televisione sui confini dei Balcani, decide di andare a cercarla. Diventerà per lei un viaggio spirituale e una riscoperta delle sue radici e della sua identità. Dhana è una sorta di eroina greca al contrario: non torna a casa dopo la guerra, ma scappa dalla pace per trovare casa sua di nuovo in guerra. Cercando sua nonna Sham, va sui Balcani, nel cuore dell’emergenza migranti, ma,anche in queste drammatiche circostanze, la vita va avanti. Credo sia la storia stessa che suggerisce il modo giusto di raccontarla. La fissità di un’istallazione d’arte e il ritmo veloce della cronaca (strumenti con cui ho famigliarità) non mi soddisfacevano. E allora ho iniziato a lavorare ad un adattamento dello spettacolo, quello che sarà al Festival InScena! Avevo bisogno sia del potere visuale della narrazione e che del fascino della performance dal vivo.
Quali sono i punti di forza dello spettacolo? Perché è da vedere?
TK: Non voglio svelare troppi dettagli, ma posso dire che è un testo fortemente provocatorio, che crea spazio alla sensibilità unica dello spettatore. Il ritmo serrato dei dialoghi accompagna i personaggi, altamente complessi, durante il loro percorso in circostanze estreme tra vita e morte.
FC: La “crisi dei migranti” sopprime paure, sogni e le storie di queste persone. Questo viaggio è troppo spesso tradotto solo in numeri che vanno a finire nelle notizie di cronaca. Dhana e i boccioli di rose nasce dal nostro desiderio di approfondire la crisi dei profughi più intimamente. Il viaggio di Dhana è estremo e unico, ma allo stesso tempo universale. Quando se ne va, Dhana non è interessata alla moltitudine di persone che parte in cerca di un futuro migliore. Perché lei è diversa da loro. All’inizio del suo viaggio, Dhana vuole solo trovare sua nonna e cerca di arginare il fiume di dolore che vede tutt’intorno. Ma si troverà ben presto a mettere in discussione tutti i suoi successi, la sua vita e l’identità che si è costruita.
Cosa significa per te andare in scena a New York?
TK: Credo che per chiunque faccia teatro, New York rappresenti qualcosa di speciale. Per me non è stato un sogno da sempre. Ho sviluppato il desiderio di lavorare in questa città qualche anno fa. Sono stata fortunata ad aver lavorato in Italia per alcuni anni, ma percependo una scarsità di opportunità future, ho cominciato a contemplare l’idea di trasferirmi all’estero, e questo mi ha portato nella Grande Mela. Mi sono formata e ho continuato il mio percorso di attrice, musicista e regista, dal quale sto traendo sempre più soddisfazioni. Nel caso di Cuore di mamma sono felice e orgogliosa di portare a New York il testo di un’ autrice italiana di grande talento.
FC: Io e Giulia viviamo negli Stati Uniti e sappiamo cosa voglia dire sentirsi degli stranieri. Entrambe abbiamo un legame forte con New York e per questo abbiamo deciso che il viaggio di Dhana avrebbe dovuto iniziare proprio lì. Ho vissuto in molte città nel corso degli ultimi anni. Passare da un posto all’altro mi ha reso cosciente delle similarità di alcune persone apparentemente così diverse e delle sfide che gli immigrati si trovano ad affrontare. La migrazione sta cambiando la nostra società, il nostro mondo iniquo e interconnesso. Mentre noi viviamo le nostre vite, i migranti si lasciano le loro case alle spalle, perdendo i loro cari e rischiando la morte. Vorrei suscitare domande, emozioni, dubbi. Questo è un momento cruciale e io voglio focalizzare l’attenzione del pubblico su questo fenomeno dei nostri tempi – la migrazione e l’immigrazione – e sensibilizzarlo. E portarlo a New York è come chiudere un cerchio. New York è stata la nostra serra narrativa, dove abbiamo cresciuto la nostra pianta nelle più diverse e fertili società fino a che era finalmente pronta a crescere alla luce del sole.
Tania, lo spettacolo Cuore di mamma ha già debuttato a New York diretto da Kathy Gail MacGowan. Per il Festival InScena! curerai tu la regia dello spettacolo. Cosa hai introdotto di nuovo nella regia e nell’adattamento in inglese? L’adattamento in inglese è ovviamente stato il primo passo da fare. Conosco bene l’autrice del testo, e credo che questo mi abbia dato modo di poter mantenere il suo stile ed essere strettamente fedele al testo originale. Fare la regia di questo spettacolo è un compito delicato. Le dinamiche tra i personaggi sono molto complesse, come i personaggi stessi. Inoltre il tempo e il luogo in cui si svolge l’azione non sono precisati; un dettaglio che rende il testo libero da qualsiasi sovrastruttura appartenente ad un luogo preciso, di conseguenza non puramente realistico. Bisogna considerare che il teatro americano moderno abbraccia fortemente il realismo come genere teatrale, a differenza dell’abitudine europea di sfruttare anche il surrealismo e soffermarsi sul significato filosofico delle cose al fine di usare il teatro come provocazione e creare realtà che non appartengono strettamente alla vita di tutti i giorni. Durante la nostra prima produzione nel 2016, questa differenza culturale è stata chiarissima. Dopo quell’esperienza ho voluto prendere in mano la regia di Cuore di mamma, già introdotta nell’edizione dell’anno scorso, per mettermi alla prova con un testo a cui tengo particolarmente, e per cercare di trasmetterne l’essenza. Rimarrà una messa in scena minimalista che sfrutterà spazio, luci e musiche create appositamente dalla compositrice danese Amanda Mistry. Il focus sarà tutto sulle tre donne protagoniste di questa storia.
Federica, com’è possibile secondo te oggi in un paese come gli USA rimanere fedeli alle proprie origini e al tempo stesso affermare la propria identità femminile? Sicuramente le donne hanno un posto migliore nel mondo rispetto al passato. Eppure c’e’ ancora così tanta strada da fare per far sì che ad ogni donna sia data la possibilità di affermare la propria voce. Anche nel mondo dell’arte e della cultura esiste tutt’oggi un problema legato al genere. Ecco il mio sogno e’ di non doverci più definire come donne artiste, ma semplicemente come artiste. Lasciando voce solo al nostro lavoro, alla nostra passione, alla fatica fatta per arrivare a quel risultato. Ma c’è ancora molto lavoro da fare prima di poter dare alle nostre figlie e ai nostri figli un mondo reale di pari opportunità. E penso che per farlo sia molto importante sapere profondamente da dove veniamo; imparare a guardare alla diversità come ad un tesoro, esplorare e ripensare le nostre radici, le nostre tradizioni per riattualizzarle. Penso che questo sia esattamente quello che succede a Dhana. La ricerca intrapresa da Dhana è la stessa di coloro che vogliono riconnettersi con le proprie radici, al fine di coglierle e trovare il loro “centro” come esseri umani.
Cosa significa dirigere un cast multiculturale nella città del melting pot per eccellenza?
TK: Ho sempre percepito la varietà culturale come una ricchezza, anche quando vivevo in Italia. Esserne parte integrante in questa città è un dono enorme. Qui c’è l’opportunità costante di stringere amicizie e creare collaborazioni artistiche con persone di qualunque background culturale. Solo nel piccolo della nostra produzione abbiamo riunito Italia, Stati Uniti, Etiopia e Danimarca, e per altri progetti ho collaborato con persone da paesi come Austria, Brasile, Russia, Mali, Caraibi, Canada, Iran, Francia e spero molti altri in futuro! Amo creare unione tra le persone, e l’arte è forse il mezzo migliore per farlo.
FC: Ho attinto a tutta la mia esperienza come giornalista per fare ricerche sulle storie, i posti e i personaggi. Ho dovuto anche affrontare la grande sfida del riuscire a combinare finzione e realtà. Abbiamo creato un complesso personaggio, uno scienziato donna,che intraprende un viaggio che combina verità e finzione, sogno e realtà. Volevo che in scena ci fossero delle voci femminili forti e senza paura e le ho trovate nelle mie attrici. Volevo persone con diversi background. È stato difficile e sono stata estremamente fortunata ad aver trovato queste artiste che hanno tutte accolto a braccia aperte la sfida di questo progetto che non è molto convenzionale. Ci sono molti cori, molti movimenti fisici e abbiamo lavorato molto sulle improvvisazioni. Hanno fatto sì che funzionasse al meglio. Vengono tutte da esperienze diverse.
Tania, perché uno spettacolo tutto al femminile per raccontare l’amore, l’odio e la pena di morte? Ho conferito brevemente con l’autrice del testo per rispondere a questa domanda, e lei mi ha detto che non è stata una decisione razionale quella di scrivere uno spettacolo al femminile. È semplicemente successo. Io credo che crei una prospettiva particolare su certi temi, soprattutto quello della pena di morte e dell’odio. I personaggi coinvolti sono molto diversi tra loro, e trovo interessante il modo in cui ognuna delle tre protagoniste viva, percepisca e affronti la propria situazione. Ci tengo poi ad aggiungere che tutto il nostro team è formato da donne, inclusa l’attrice Adriana Rossetto che sarà la nostra assistente alla regia. E anche questo, in realtà, è stato un caso.
Federica, perché uno spettacolo tutto al femminile per raccontare una storia di riconciliazione tra il Medio Oriente e l’Occidente? Il punto di vista femminile permea lo spettacolo e i racconti di Dhana. La sua infanzia in Siria è dipinta come un mondo sognante e tutto al femminile che, per quanto riguarda la narrazione, è ispirato al lavoro di due delle mie artiste preferite Pina Bauch, Martha Ghram, ma anche a Vanessa Becroft. Un’altra donna da cui ho preso ispirazione per questo lavoro è la regista Joy Zinoman, fondatrice dello Studio Theater a Washington DC. Chi ha creduto nella mia narrativa inusuale e ha sostenuto il mio lavoro sin dall’inizio. Dhana e i boccioli di rose è la storia di una giovane donna che è in è in lotta con le sue due anime: quella occidentale, di una bambina arrivata in America e che è cresciuta a New York assorbendo l’energia della città e le sue contraddizioni, e quella mediorientale, forgiata dalla terra dove è nata e che fu presto costretta a lasciare per un futuro migliore. Infine, è anche un viaggio femminile che parte da “ovest” e arriva alla Siria dell’immaginazione infantile, quella che nessuna bomba e nessuna guerra potrà mai distruggere. Una storia di riconciliazione tra il Medio Oriente e l’Ovest.
Cuore di mamma andrà in scena al The Brick Theatre di Brooklyn il 14 e il 15 maggio alle ore 20. Dhana e i boccioli di rose andrà in scena al The Brick Theatre di Brooklyn il 14 maggio alle ore 19.
Per maggiori informazioni: InScena!