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Otello - L'ultimo bacio
a cura di Giancarlo Zappoli
Visto al Teatro Ciak il 12 aprile 2018
Al Teatro Ciak di Milano dal 12 aprile 2018 
Testo di Fabrizio Voghera, Francesco Antimiani

Regia di Wayne Fowkes 
Coreografie: Wayne Fowkes, Tony Lofaro 
Interpreti: Fabrizio Voghera, Alessandra Ferrari, Francesco Antimiani, Andrea Manganotto, Luca Marconi, Claudia Paganelli, Lalo Cibelli, Alessandro Cavara
William Shakespeare è l’unico autore i cui testi teatrali possono essere trasposti e ambientati in qualsiasi forma di messa in scena e di tempo e spazio senza che perdano la ragione di fondo che ne sostiene la struttura narrativa. È quanto accade anche in questo spettacolo voluto fortemente da Fabrizio Voghera (che è stato sia Frollo che Quasimodo in edizioni del Il gobbo di Notre Dame) che non solo ha scritto le liriche con Francesco Antimiani ma recita nel ruolo principale circondandosi di coprotagonisti e di danzatori di grande livello professionale. Anche l’ambientazione in un’epoca non precisamente definibile grazie a una scenografia essenziale ma efficace, unita a costumi militari per gli uomini e street style per le donne e i danzatori, esprime bene il concept della messa in scena. L’appartenenza al medesimo corpo militare non salva nessuno dei protagonisti maschi mentre fa emergere, con una buona dose di novità, le presenze di Desdemona e di Emilia. Lo Iago di Antimiani esprime (forse con qualche ripetitività di troppo nel primo atto) con efficacia la frustrazione e l’odio che lo spingono a ordire una trama che avrà come esito la morte di Desdemona. 

I problemi però ci sono e sembrano risiedere nella regia. Molto spesso gli interpreti vengono posizionati in proscenio o, nel caso di Emilia dietro una ringhiera in alto, dove cantano frontalmente rispetto al pubblico come nell’opera lirica del tempo che fu. Si aggiunga che alcune coreografie sembrano risentire di echi di altre messe in scena di musical e che situazioni come quella della tempesta perdono di efficacia a causa della troppa lunghezza. C’è poi la scena della danza orientale che è difficile non definire come una variazione kitsch scarsamente motivata dal contesto.

Tutti questi elementi (ivi compresa una quinta troppo aperta sul lato destro guardando il palco che consente di vedere i danzatori e/o gli attori mentre si preparano ad entrare in scena distraendo così l’attenzione dalla rappresentazione) fanno sentire come ‘distante’ l’azione che si svolge sul palcoscenico rispetto allo spettatore. Gli applausi arrivano ma si sente che sono rivolti più all’innegabile bravura degli interpreti che non a un’emozione complessiva che fatica a realizzarsi.
  • @Daniele Chatrian
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