Ideato e composto come radiodramma nel 1958, Dolore sotto chiave andò in onda l’anno dopo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Papasso, prima di conoscere la ribalta teatrale per due volte con la regia dell’autore, nel 1964 con Regina Bianchi e Franco Parenti, e nel 1980 con Luca De Filippo e Angelica Ippolito: "Lucia, sorella di Rocco - è scritto nella presentazione - per molti mesi nasconde al fratello, temendo questi possa compiere un atto inconsulto, l’avvenuta morte della moglie Elena e finge di occuparsi delle cure della donna, gravemente malata". Un teatrino che la donna confeziona impedendo che marito e moglie si vedano per lunghi mesi con la scusa che la sola presenza e vista dell’uomo potrebbe causare emozioni letali: un bel giorno, esasperato dalla interminabile agonia dell'amata, Rocco in preda ad un cieco furore entra a forza nella stanza della malata e la scopre vuota, venendo poi subito messo al corrente della triste verità per una resa dei conti famigliare che coinvolgerà anche vicini e parentame vario con tanto di scomode rivelazioni.
Tra le tante incursioni in un tema caro ad Eduardo, quella morte più volte affrontata in chiave comica, seria o semiseria (si pensi a Requie a l’anema soja o al primo atto di Napoli milionaria! fino al parodistico funerale de Gli esami non finiscono mai), la nera signora rivive sullo sfondo in Dolore sotto chiave, tragicomica riflessione su di una vita che non è più vita proprio perché qualcuno ha deciso di sottrarre quell’evento alle sue leggi naturali. Non sembra infatti esserci mostruosità peggiore, afferma l’autore per bocca di Rocco, che interrompere e bloccare il flusso naturale dell’esistenza, arrivando a sostituire la vita vera con una artificiale dove giocoforza sentimenti, dolori ed emozioni finiscono con l’essere compromessi.
A seguire sarà la volta di Sik Sik l’artefice magico, atto unico scritto nel 1929 vero e proprio capolavoro assoluto del teatro del Novecento: "come un film di Chaplin - scrive Carlo Cecchi - è un testo immediato, comprensibile da chiunque e nello stesso tempo raffinatissimo. L’uso che Eduardo fa del napoletano e il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro". Sik Sik (in napoletano "sicco" significa secco, magro) è un illusionista maldestro e squattrinato che si esibisce in teatri di basso ordine con la moglie Giorgetta e la non meno scalcagnata spalla Nicola: destino precario, quello del terzetto di improvvisati artisti, stravolto una sera quando il compare non si presenta per tempo e Sik Sik decide di sostituirlo con Rafele, non meno sprovveduto individuo capitato per caso a teatro. L’inaspettato arrivo di Nicola poco prima dello spettacolo ed il conseguente litigio delle due spalle faranno si che i numeri di prestigio finiranno in un disastro, e l’esibizione si rivelerà tanto tragica per il finto mago quanto di esilarante comicità per il pubblico: con più di 450 repliche solo a Napoli, lo spettacolo ebbe un successo enorme grazie anche alla partecipazione di Eduardo che reinterpretò Sik Sik alla fine della sua carriera, vestendone i panni per l’ultima volta al Teatro San Ferdinando di Napoli nell’aprile del 1979, e l’anno dopo al Teatro Manzoni di Milano affiancato dal figlio Luca e da Angelica Ippolito.
Produzione Marche Teatro / Teatro di Roma–Teatro Nazionale / Elledieffe, diretta da Carlo Cecchi, anche in scena con Angelica Ippolito, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Remo Stella e Marco Trotta, per Dolore sotto chiave e Sik Sik l’artefice magico di Eduardo De Filippo repliche al Teatro Gobetti, fino al 28 novembre, martedì, giovedì e sabato alle 19.30, mercoledì e venerdì alle 20.45 la domenica alle 15.30 con biglietti ad Euro 28 ed Euro 25: info allo 011.51.69.555 o su www.teatrostabiletorino.it.
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