traduzione di Cesare Garboli
regia Arturo Cirillo
con Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Camilla Piccioni
musiche Francesco De Melis
produzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile di Napoli
prima nazionale a Borgio Verezzi, il 22 luglio 2018
Ma il carattere indefinito che Arturo Cirillo conferisce all'opera si esprime soprattutto in quella scenografia girevole, in quella sagoma di casa che passa da un esterno che è quasi una geometria pura, senza dettagli con solo una porta con un piccolo sipario e una piccola finestra-apertura in alto, all'interno con scala e soppalco, la camera-prigione di Agnese arredata con una stucchevole tappezzeria floreale, una casa delle bambole imposta, uno zoo, un diorama. E i due piani dell'interno segnano anche una divisione tra una parte bassa, dove sono collocati i servi, e una alta, l'alcova-prigione, più difficile da raggiungere da eventuali amanti se non con particolare agilità. La casa e la strada, la cella teatro di una violenza incoffessabile e la piazza, l'agorà, dove avvengono incontri casuali che portano ai giochi di equivoci molièriani. A ciò si aggiungono le luci con tinte a volte dark che creano un'atmosfera pop e kitsch con richiami almodovariani anche grazie ai lineamenti della domestica, la sempre bravissima Marta Pizzigallo.
In questo contesto Cirillo mette in scena la storia di un amore malato, ossessivo che funziona con la possessione, col predominio sessista e classista, che viene sconfitto proprio dal destino, da quel gioco di equivoci continui che si fa beffe dei diabolici piani di Arnolfo, che ribalta la situazione proprio come la scenografia viene continuamente girata, e che ristabilisce la legge naturale, l'unione d'amore tra due ragazzi coetanei anziché quello morboso, malato di Arnaldo, o meglio quello che la società e la morale considera tali. Perché anche le leggi morali sono girevoli, e compito dell'arte è pure quello di vedere il lato oscuro. Lato che nel testo è peraltro presumibilmente autobiografico dato che Molière lo scrisse dopo aver sposato Armande Béjart, di vent'anni più giovane, figlia o sorella minore di Madeleine, una vecchia amante Molière del grande commediografo.
La scuola delle mogli @Luca del Pia