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E se L'UNO fosse l'inizio della fine?
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Sibiriaki di Torino venerdì 4 gennaio 2019
scritto e diretto da Paolo Carenzo

con Stefano Accomo, Anna Canale, Elena Cascino, Carlo Cravino, Alice Piano, Matteo Sintucci
Prima o poi arriverà, e lo farà all’improvviso senza avvisarci: la fine del mondo, visione che affonda le radici nel patrimonio mitologico come nelle Sacre Scritture, potrebbe essere dietro l’angolo o lontana milioni di anni, ma in ogni caso è forse saggio iniziare a pensarci e, se non altro, prepararsi all’idea.
Una causa che il Teatro Contrasto di Torino sembra sposare in pieno con L’Uno, agrodolce pièce scritta e diretta da Paolo Carenzo che tra serio e faceto affronta il concetto dell’imminente game over: l’uno del titolo non è il primo numero ma un’entità, non meglio definita, che da alcuni mesi ha scelto di stabilirsi in cielo, condizionando inevitabilmente gioie e dolori di un’umanità del tutto impreparata ad immaginarne, ed ancor meno a sopportarne, la scomoda presenza.

La sera dell’ultimo dell’anno a casa di una coppia prossima a scoppiare si ritrovano il miglior amico di lei e la sua ultima conquista, giovane ragazza dall’eloquio francese: ai quattro si aggiungeranno la sorella della padrona di casa, incinta di tre mesi con poca gioia dei suoi famigliari, ed il di lei compagno di provenienza californiana. Quel che prende forma, nell’attesa della fatidica mezzanotte, è una commedia degli equivoci, ora divertente ora più drammatica, dove va in scena il progressivo disfacimento di relazioni, affettive e famigliari, più o meno consolidate ma prossime al collasso: è cosi per i padroni di casa, per l’improvvisata coppia di amici, ma anche per le due sorelle giunte al capolinea di un rapporto forse mai nato.

A sovrintendere dall’alto c’è poi lui, l’Uno, sulla cui identità Carenzo si e ci interroga in un testo che lascia aperte molteplici interpretazioni: minacciosa proiezione dell’inconscio collettivo o effettivo pericolo per l’umanità? A ciascuno la sua risposta per un impianto teatrale, cui gioverebbe una sintesi nella parte finale, che ha il pregio di solleticare la sensibilità dello spettatore contemporaneo di fronte ad un modello di umanità del tutto incapace non tanto di rapportarsi all’ignoto, quanto di riconoscere e vincere ataviche debolezze e contraddizioni. Sui meritati applausi tributati ad Elena Cascino, Alice Piano, Matteo Sintucci, Stefano Accomo, Anna Canale e Carlo Alberto Cravino resta il sospetto di trovarsi di fronte non alle prove generali dell’ultimo giorno dell’umanità, semmai all’ennesima, ma non per questo meno inquietante, rappresentazione di quella fragilità dell’uomo d'oggi affatto in grado di conoscersi fino in fondo. E a ben pensare tutto questo lascia non poco amaro in bocca, spaventando ancor più della presenza di un misterioso "Uno” in cielo…
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