traduzione Monica Capuani; regia Filippo Dini
con Giuliana De Sio, Manuela Mandracchia, Filippo Dini, Fabrizio Contri, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe, Stefania Medri, Valeria Angelozzi, Edoardo Sorgente, Caterina Tieghi, Valentina Spaletta Tavella
dramaturg e aiuto regia Carlo Orlando; scene Gregorio Zurla; costumi Alessio Rosati; luci Pasquale Mari; musiche Aleph Viola; suono Claudio Tortorici; assistente regia Eleonora Bentivoglio; assistente costumi Rosa Mariotti
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Tra i grandi sconfitti troviamo la famiglia Weston raccontata da Tracy Letts in Agosto a Osage County, drammone borghese dei giorni nostri ambientato in un grigio Oklahoma che Filippo Dini dirige ed interpreta, insieme ad un nutrito ed applaudito cast, nell'ultima produzione dello Stabile torinese: testo corale tutto al femminile, dove i pochi uomini fungono da corollario al teorema principale del disfacimento di una famiglia matriarcale, il dramma rivive nella grigia scena di Gregorio Zurla, spazio modulare con le pareti della vecchia casa di Violet e Beverly Weston spostarsi al bisogno per definire differenti ambienti domestici. Sono loro, anziani e malandati genitori di tre figlie, quel che resta di una famiglia dispersa per l’America: delle sorelle solo Ivy vive ancora in casa, mente la maggiore Barbara e la minore Karen hanno scelto altri lidi per coronare i loro (presunti) sogni d'amore.
Il pretesto per una reunion famigliare, cui parteciperanno anche generi, nipoti e cognati, è tragicamente offerto dall’improvviso suicidio di Beverly, un tempo poeta di successo, ora solo più capofamiglia allo sbaraglio dedito alla bottiglia ed al fumo: quella che doveva essere l'occasione per rinsaldare rapporti e affetti, diventa in realtà appiglio per rivelare inaspettate verità e vomitare addosso ai propri congiunti rancori e cattiverie sedimentate nel tempo: l’anziana madre Violet, gravemente malata e del tutto dipendente da pasticche e medicinali, si mostra alla stregua di megera tanto determinata quanto decisa allo scontro con l’intero parentado, figlie in primis. Lato loro, le cechoviane tre sorelle, invece di far fronte comune contro l’anziano genitore, danno vita a continue sfide verbali destinate a coinvolgere l’intero nucleo famigliare.
Assecondando l’incalzante incedere di Letts, scrittura bifronte che alterna momenti di forte tragicità a sequenze decisamente più leggere ottimamente rese dalla traduzione di Monica Capuani, dopo il recente successo de Il crogiuolo Filippo Dini conferma di trovarsi a proprio agio con le partiture corali, firmando una regia attenta a seguire il ritmo quanto puntuale nella definizione di personaggi simbolo di una società contemporanea prigioniera di atavici egoismi, e del tutto incapace di fare i conti con l’ingombrante e scomodo passato: in un crescendo di tensione, emblematico il pranzo di famiglia che contrappone la giovane nipote vegetariana ai restanti parenti da lei accusati di nutrirsi di "panico", nelle quasi tre ore di spettacolo sfila una galleria di sentimenti malati, di relazioni torbide, in un caso addirittura incestuose, che vedono le donne come gli uomini interpreti quasi sempre consapevoli, ma al tempo stesso fragili e passivi, nella recita della vita mai come in questo caso parentesi terrena dai contorni tragici.
Nell'inquietante gioco di specchi non è alla fine da escludere che il pubblico riesca a ritrovarsi nelle fragilità ed inquietudini di quella famiglia Weston fatta vivere da un valido gruppo di interpreti: su tutti meritano una citazione la Violet di Giuliana De Sio, tragicomica maschera di madre pronta a riversare odio e violenza sull’intera famiglia, e le tre figlie ottimamente rese da Manuela Mandracchia, Stefania Medri e Valeria Angelozzi. Insieme a loro dividono il successo finale i più maturi Filippo Dini, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe e Fabrizio Contri al pari dei giovani Caterina Tieghi, Edoardo Sorgente e Valentina Spaletta Tavella, la silenziosa domestica di casa Weston suo malgrado sacerdotessa di un rito collettivo consumato da un'umanità prossima al collasso.
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