regia di Nanni Moretti
con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi
scene Sergio Tramonti; luci Pasquale Mari; costumi Silvia Segoloni; direzione di produzione, casting Gaia Silvestrini; assistente alla regia Martina Badiluzzi; assistenti al casting Martina Claudia Selva, Benedetta Nicoletti
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria Srls, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, TNP Théâtre National Populaire à Villeurbanne, La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens, in collaborazione con Carrozzerie n.o.t, coordinamento Aldo Miguel Grompone con il sostegno di Fondazione CRT
Prima di una lunga tournée non solo nazionale l’allestimento toccherà alcune delle principali città italiane, occasione per riscoprire un teatro non molto rappresentato, e di cui i due testi sono esempi significativi pur nelle loro diversità: facce opposte di una medesima medaglia Dialogo e Fragole e panna sono accumunate dalla rappresentazione di un mondo borghese in profonda crisi con matrimoni falliti, amori impossibili, uomini assenti e donne disorientate a condividere spazi claustrofobici in cui gli uni e le altre si sentono soffocare. Ma se in Dialogo i protagonisti Francesco e Marta, aspirante scrittore lui, giornalista precaria lei, consumano il loro dramma all’interno di un letto prigione in una modesta stanza di un altrettanto anonima casa, la famiglia allargata di Fragole e panna abita gli spazi di una dimora tanto elegante quanto malinconica: diversi gli scenari, uguale la sostanza, quella di casi umani che la Ginzburg tratteggia con incredibile cura, sbattendo in faccia allo spettatore ipocrisie e contraddizioni di quella borghesia messa alla berlina, e in cui ancor oggi è possibile ritrovarsi. Ed ancora diverse, ma al tempo stesso complementari, le modalità di utilizzo della sopra citata parola: in Dialogo i due personaggi sembrano muoversi all’unisono, affidando al quotidiano confronto il segreto di un ménage all’improvviso sconvolto dalla confessione del tradimento di Marta. Ma l’incisività della scrittura fa sì che l’elemento che potrebbe trasformare la commedia in tragedia, in realtà sia pretesto per una deriva ancor più grottesca, ai limiti del comico, con l’umanità dei due coniugi palesarsi in tutta la sua disarmante debolezza, rendendo Francesco e Marta empaticamente molto vicini alla sensibilità del pubblico contemporaneo.
Lato suo Fragole e panna, dall’impianto certo più articolato, vede la parola assumere valenze ancor più gattopardesche, se è vero che nella vita dei personaggi, a partire dalla coppia scoppiata Flaminia e Cesare, tutto sembra cambiare senza in realtà cambiare in nulla, nonostante l’improvvisa irruzione di Barbara, la di lui giovane amante a sua volta in crisi e decisa a chiedere aiuto per sfuggire al marito violento. Ciliegina sulla torta in entrambi in casi il finale aperto con la Ginzburg che, dopo aver provocato e solleticato l’altrui sensibilità, si guarda bene dall’offrire risposte, lasciando ai lettori di un tempo ed agli spettatori di oggi la scelta di scrivere l’epilogo, di scegliere se quanto raccontato modificherà le esistenze dei protagonisti o se, più probabilmente, rappresenterà un temporaneo diversivo nella loro anonima quotidianità destinata a riproporsi sempre uguale.
Tutto questo è tradotto in scena con Valerio Binasco ed Alessia Giuliani vestire per due volte i panni coniugali in un gioco di ruoli che li vede prima creature fragili, poi anaffettive, sempre in preda a quella disarmante inquietudine da entrambi resa, soprattutto in Dialogo, con sicura incisività: a completare il cast il contributo di un’Arianna Pozzoli giovane ed inquieta amante in realtà poco amata, la stralunata domestica/serva di Daria Deflorian e Giorgia Senesi. E la regia, ci si chiederà? Se si è riconosciuto all’autrice il merito di aver instillato domande senza dare riposte, ci piace pensare (ma soprattutto sperare) che Moretti abbia lavorato di fioretto e non di sciabola, rispettoso in tutto e per tutto di una scrittura da portare sul palco così come impressa sula carta, privilegiando la maniacale cura del dettaglio e delle sue sfumature interpretative a possibili istinti di reinterpretazione che tanto avrebbero saputo di ingiustificati tradimenti.
Dialogo__ph Luigi De Palma .jpg