Coreografie: Barbara Gatto
Danzatori: Marta Castelletta, Gjergji Meshaj, Matteo Castelletta, Asya Pravato, Viola Rango, Ivet Ivanova, Masaki Goto, Moises Romero
Musiche e voce narrante: Giorgio Gaber
In scena al Teatro Faraggiana di Novara il 6 e il 7 novembre nell'ambito della rassegna “FaraggianaPop” dedicata a Giorgio Gaber
Il sipario si apre e nel silenzio inizia lo spettacolo: una scena nuda, spoglia e semplice, con solamente delle strutture di legno grezzo come elemento scenico. Il ballerino entra in scena, anche lui svestito di ogni costume e, inaspettatamente, anche della musica. Nel silenzio lui è semplicemente se stesso e la coreografia permette al suo corpo di compiere movimenti inusuali, disegnando sul palco figure contorte e semplici, ma allo stesso tempo inaspettate. E questa percezione di sorprendente semplicità arriva direttamente allo spettatore, chiara e distinguibile. Ogni dettaglio dello spettacolo è studiato con estrema attenzione: le strutture di legno grezzo non sono solamente oggetti scenici, ma sono parte integrante della coreografia diventando di volta in volta una scala, un guardaroba o addirittura una bara. Ma sono i ballerini a dare armonia all’intero spettacolo; sebbene ci abbiano abituato a grandi capacità tecniche e artistiche, con questa rappresentazione superano le aspettative. Perché nonostante la sensazione dello spettatore sia di estrema semplicità, anche questa volta la coreografia di Barbara Gatto richiede una grande preparazione tecnica e di espressività. È l’evidenza che solo chi ha una preparazione solida può permettersi di allontanarsi dalle regole della danza per dare vita a una sperimentazione reale. I corpi sul palco oscillano tra movimenti di respiro-fluidi, e movimenti nervosi, rapidi e quasi isterici. Il tutto maneggiato egregiamente dai ballerini che, nonostante la coreografia complessa, mantengono sempre il controllo, contribuendo all’armonia scenica.
Eppure è un uomo è dunque un lavoro di grande ricerca di movimenti, analisi emotiva e ricerca di musiche originali d’archivio, il tutto rielaborato e messo in scena “in sottrazione”. La voce di Giorgio Gaber è come un narratore esterno che prepara lo spettatore a sintonizzarsi emotivamente con i ballerini in scena. Ma le parole del Signor G. vengono amplificate, vengono rese emozioni. In questo lavoro, Giorgio Gaber non è protagonista: è l’uomo il vero protagonista, siamo noi tutti i protagonisti, con le nostre vite, i nostri mostri da combattere e le fatiche quotidiane. Come disse una volta: «Il mondo gira, e le parole stanno ferme, le parole si logorano invecchiano, perdono di senso, e tutti noi continuiamo ad usarle, senza accorgerci di parlare, di niente» (Introduzione. Destra e sinistra, Giorgio Gaber). È forse proprio in questo punto che la danza contemporanea si inserisce e trova terreno fertile per poter esplorare nuovi modi di riportare sul palco Giorgio Gaber: con una veste nuova e inaspettata, ma per questo sempre uguale a se stesso.
Eppure è un uomo