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La tragedia del vendicatore: la contemporaneità della violenza di Donnellan
a cura di Nicola Bionda
Visto il 9 ottobre 2018 al Piccolo Teatro Strehler
La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton, 
drammaturgia e regia Declan Donnellan 
versione italiana Stefano Massini 
scene e costumi Nick Ormerod 
luci Judith Greenwood, Claudio De Pace 
musiche Gianluca Misiti 
con Ivan Alovisio, Alessandro Bandini, Marco Brinzi, Fausto Cabra, Martin Ilunga Chishimba, Christian Di Filippo, Raffaele Esposito, Ruggero Franceschini, Pia Lanciotti, Errico Liguori, Marta Malvestiti, David Meden, Massimiliano Speziani, Beatrice Vecchione 
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione 
Durata: 100’ senza intervallo 
Dal 9 ottobre al 16 novembre 2018
Riconosciuto come uno dei più grandi registi del Regno Unito, applaudito in tutto il mondo e profondo frequentatore di testi shakespeariani. Per la prima volta Declan Donnellan sceglie di dirigere una produzione in lingua italiana, sceglie Middleton, e sceglie di farlo al Piccolo Teatro con il quale ha uno stretto rapporto da molti anni. Donnellan porta in scena La tragedia del vendicatore, dramma da noi poco noto dell’autore contemporaneo di Shakespeare, e lo fa come suo solito con lo stesso taglio con il quale affronta, da anni, tutte le sue regie. Mettendo in scena la contemporaneità e cercando di scavare dentro alle dinamiche che sottendono alle più profonde pulsioni umane. Il desiderio incontrollato, la violenza, la brama di potere e di sopraffazione; la gelosia e la vendetta. Il peccato e l’orrore della corruttibilità dell’animo dell’uomo, sono le dinamiche capaci di scatenare guerre, di smuovere regni ma anche di annidarsi, inesorabilmente, nella parte più intima dell’animo di ogni uomo. 

Per Middleton, come per Shakespeare, luogo e tempo delle vicende narrate non erano che un pretesto per indagare e svelare le strutture e le ipocrisie che muovevano la propria contemporaneità. Temi potenti trattati con l’ironia e la satira del loro tempo. Donnelan prova a plasmare questa materia per farne una versione leggera, che strizza l’occhio alla nostra di contemporaneità e al gusto di un pubblico forse più attento allo sviluppo di una narrazione che alla centralità dei temi e del testo. Un abbandono, forse consapevole, della potenza della parola (così fondamentale per Ronconi) a scapito della narrazione e del rapporto dell’attore con lo spazio e con la scena. Forse una debolezza, o una mancanza, in una tragedia dove le parole possono essere pesanti come ferite mortali. La tragedia del vendicatore è un testo dove la complessità della scrittura (adattata da Stefano Massini) fa da contraltare al deterioramento delle relazioni tra gli uomini. Desiderio e violenza emergono dalle parole come bisogni primari che determinano e influenzano le dinamiche di potere e le regole sociali che ci governano. Come strumenti di determinazione, malata, dell’individuo. Temi attualissimi in un periodo (il nostro) di sdoganamento del pensiero primario dominante, di annullamento dei principi valoriali condivisi e di irrisione diffusa del primato della conoscenza e della crescita culturale. Una delirante impunità in cui tutto è permesso, tutto sarà presto dimenticato e basterà un’altra morte, un altro delitto per spostare l’attenzione del popolo. Impulsi che superano ogni contesto e classe sociale, attraversano il tempo e la storia; seguendoci, dall’età della ragione fino al tramonto della nostra esistenza. 

Middleton spalanca la porta a tutto questo, ci porta sull’orlo del baratro, scoperchia il vaso di Pandora. Non ci sarà via di uscita, salvezza o redenzione per nessuno dei suoi personaggi. La spirale di violenza si concluderà solo dopo aver toccato tutti coloro che vi si avvicineranno. I ruoli e i loro destini sono già scritti nei nomi: Lussurioso, Castizia, Vindice il Vendicatore; i figli del Duca: Supervacuo, Spurio e Ambizioso. I loro desideri e i loro impulsi non gli lasceranno scampo. I personaggi del dramma sono resi vividi da un cast quasi interamente formato da attori diplomati alla scuola del Piccolo, Ex allievi di Luca Ronconi (che già propose Middelton negli anni Settanta). Il bravissimo Fausto Cabra è un Vindice camaleontico, violento, letteralmente posseduto dal suo folle desiderio di vendetta. Pia Lanciotti dona una fortissima carica sensuale ed erotica alla Duchessa (meno forte la sua Graziana). Attori solidi che compensano alcune ingenuità dei membri più giovani del gruppo e che sorreggono uno spettacolo dove le risate e i momenti grotteschi si alternano ai delitti, agli stupri e alle vendette. Sprazzi di cieca violenza in un grottesco teatro della crudeltà accompagnano lo spettatore fino al tragico balletto finale. Nelle parole di Middleton emerge una violenza sempre presente, che cresce dentro l’essere umano come un cancro, fino a scoppiare. Middleton e Donnellan ci mettono di fronte a una società corrotta, ossessionata dal sesso, dal potere, dal denaro. Una società che dal Seicento ad oggi, forse, non è cambiata così tanto.
  • ©MasiarPasquali
    ©MasiarPasquali
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