Interpreti: Roberto Alpi, Laura Lattuada, Agnese Nano, Isabel Russinova
scene Davide Amadei
costumi Antonia Petrocelli
musiche Davide Arcidiacono
luci Nevio Cavina
produzione LAROS di Gino Caudai
La struttura girevole che materializza le tre ‘anime’ del seduttore Eugenio ne contestualizza l’agire. Abbiamo una stanza di appartamento, un ufficio in stile anni Cinquanta e una camera con letto sfatto e ‘abitato’ da Wilma. Lo stesso insistere sul piano sonoro sul rumore prodotto dalla ruota girevole del telefono segnala forse ancor più efficacemente delle musiche scelte l’epoca in cui l’azione si sviluppa. Ecco allora che a Roberto Alpi viene chiesto di calarsi nei panni di un Eugenio che è sia nostro contemporaneo sia uomo di un’epoca che non c’è più. È un uomo d’oggi per il continuo bisogno di riconoscimento narcisistico della propria mascolinità e perché, grazie a una sua pretesa superiorità strategica, è convinto di poter manipolare a suo piacimento l’altro sesso. È un uomo del passato per le modalità che utilizza nel tentativo di giustificare il proprio agire.
Lo stesso vale per le donne che fanno parte della sua vita che, con la solidarietà che finiscono con il trovare, anticipavano negli anni Cinquanta fenomeni sociali che sarebbero emersi nel decennio successivo. Fabbri nello scrivere è decisamente più generoso con Wilma (a cui Laura Lattuada offre una tavolozza di sfumature davvero notevole) che con Alina e Norma. Alla prima vengono offerte due possibilità: una prima fase da segretaria invaghita che stravede per il proprio superiore e poi quello della donna ferita e giustamente arrabbiata. Norma invece è la moglie che tenta inizialmente di ribellarsi salvo tornare rapidamente nei ranghi di una vita di coppia consumata dalla perdita del figlio per poi scoprire un sorriso nella complicità con le altre due. Agnese Nano e Isabel Russinova aderiscono con grande misura ai ruoli. Come dicevamo però è Wilma che ha la parte del leone (o della leonessa) e che emerge come il contraltare femminile di Eugenio, carica com’è di contraddizioni, di slanci e di chiusure. Alla fine a Eugenio non resterà che atteggiarsi a prestigiatore beffato dai suoi stessi trucchi e definito dalla canzone del 1936 che lo inchioda alla sua vera essenza di uomo ‘vecchio’: Bambina innamorata.
iIl seduttore: compagnia