traduzione di Maggie Rose e Alessandro Quasimodo
uno spettacolo di e con Luca Toracca
collaborazione alla regia Ferdinando Bruni
luci di Giacomo Marettelli Priorelli
produzione Teatro dell'Elfo
prima nazionale
Luca Toracca ringrazia Ida Marinelli per avergli suggerito il testo e Giusi e Giampiero Cleopazzo, Annamaria De Meo, Mariella Aralla che lo hanno sollecitato affinchè diventasse uno spettacolo.
Dal 12 al 31 dicembre 2017
Durata: 55'
Protagonista è appunto Graham, un uomo di mezza età, che vive una vita quasi di simbiosi con l'anziana madre. Lo dice lui, quasi subito, che vengono spesso scambiati per marito e moglie. Alan Bennett dà voce a uno dei tanti Graham di cui la società è piena, anche se non li vediamo, anche se raramente il cinema, o il teatro, se ne occupa. Un modello considerato perdente nel pensiero comune, per non aver generato una propria famiglia, per non essersi mai staccato dalla sottana, come si dice, della madre, con la quale si mantiene un rapporto considerato morboso. Graham è un personaggio bennettiano puro, un cripto-omosessuale, non lontano per esempio dalla figura di Hector, il professore di The History Boys. Un uomo ormai di altri tempi, escluso dalla società. In un processo inarrestabile di senilità, per cui non a caso è associato all'anziana madre. Un'esistenza sobria che si misura nelle dozzinali decorazioni floreali del divano, nel considerare, in accordo con la madre, volgare il colore rosso, troppo sgargiante nella loro esistenza a tinte pastello, scialbe.
Il ritratto che Luca Toracca restituisce di Graham, della madre e di altri personaggi della storia, parte da un'ambientazione piccolo-borghese, con una connotazione marcatamente british, vedi il riferimento nei dialoghi al copriteiera di maglia (che ritorna nel testo come le scarpe italiane considerate segno d'eleganza), che ci catapulta subito in un'atmosfera da tè e scones.
La scenografia è scarna e tripartita, un asse da stiro, un attaccapanni, un divano, un vaso coi fiori, un tavolo imbandito, dei tappeti. Un salottino da cui si può arrivare a una sala da tè. Un giusto abbozzo scenografico per scatenare l'energia teatrale di Luca Toracca. Che fa da narratore in prima persona e dà voce alle battute dei vari personaggi, rimodulando voce e postura, che occupa e si muove nello spazio scenico, che esalta alcuni momenti con l'occhio di bue e stacca con attimi di buio. E confeziona, dopo Il Natale di Harry di Steven Berkoff, ancora un monologo di solitudine, in cui si ride con un retrogusto d'amarezza.
Luca Toracca