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Ritrovare don Puglisi, i suoi insegnamenti, e superare gli incubi del passato: intervista a Christian Di Domenico
Attore e pedagogo, allievo di Jurij Alschitz, ha lavorato in qualità di attore in teatro con Jerzy Sthur, Gabriele Vacis, Elio De Capitani, Marco Baliani, e al cinema si è visto con Giuseppe Bertolucci, Antonio Albanese e Giuseppe Battiston. Da qualche sta portando in giro per l'Italia, anche in spazi non teatrali come chiese, scuole, circoli, piazze, il suo lavoro  U Parrinu, il suo personale ricordo di don Pino Puglisi, il sacerdote di Brancaccio assassinato dalla mafia, che era amico di famiglia. 
Lo abbiamo incontrato in occasione delle repliche al Teatro Libero di questo spettacolo.
U Parrinu è alla replica numero 261. Davvero un risultato incredibile. Perché questo successo?
 
Io credo che sia soprattutto il risultato di un “passaparola” tra la gente che ha assistito al mio spettacolo. So che molti, addirittura, l’hanno voluto rivedere più volte e questo mi fa molto piacere. D’altra parte, molte delle mie rappresentazioni, che faccio anche gratuitamente, sono rivolte a scuole, parrocchie, centri sociali. Perché, come diceva don Pino, credo sia importante coinvolgere i giovani su questi temi, svolgere una funzione pedagogica, senza però annoiare, o essere troppo retorici.
 
Questa è il primo lavoro che scrivi direttamente. Come ti vedi nella tua veste di drammaturgo?
 
Questo lavoro, devo essere sincero, mi è costato molta fatica. Ci ho messo quasi nove mesi, come per la nascita di un bambino, per scrivere 46 pagine. All’inizio, io non ero presente nella storia. Non volevo espormi. Poi ho pensato che fosse giusto rivelare quello che è stato un segreto, anche per la mia famiglia, conservato dentro di me per molti anni. La svolta autobiografica che ho impresso al mio lavoro mi ha sbloccato e ha dato un senso anche alla tragica storia di don Puglisi.
 
Quindi, l’episodio di pedofilia di cui sei stato vittima è reale non una trovata drammaturgica.
 
L’episodio che io narro è realmente accaduto. Il prete è esistito. Io nella trasposizione teatrale lo descrivo come un prete monco, a cui manca un braccio. Forse, questa rappresentazione ha un valore simbolico. Certo è che questa esperienza ha segnato molta parte della mia vita. Io sono riuscito a raccontarla solo quando mi sono sentito pronto e sicuro di aver superato la sofferenza che mi procurava. E ci sono voluti davvero parecchi anni.
 
Tu affronti con estrema delicatezza nel tuo lavoro il tema della pedofilia. Che reazioni hai avuto da parte del pubblico?
 
Sempre positive. Spesso prima di presentare nelle scuole il mio spettacolo ho chiesto ai professori il loro parere. Tutti, salvo rare eccezioni, si sono mostrati d’accordo, anche perché a scuola questi temi non si affrontano mai e il teatro può tornare utile a capire, parlarne, scardinare vecchi modelli educativi. 
 
Come affronti il tuo lavoro teatrale? 
 
Parto dal presupposto che qualsiasi cosa faccio debba avere un senso. Non mi sentirei di realizzare qualcosa solo con l’obiettivo di ottenere dei risultati di botteghino. Il fatto che abbia scelto il teatro di narrazione è piuttosto evidente. È un teatro che ha costi di produzione ridottissimi. [Mostra il passamontagna che usa nella scena della confessione del pentito Salvatore Grigoli, n.d.R."> Questo mi è costato sei euro. Ed è facile da portare in giro, visto che ho la possibilità di essere ospitato ovunque.
 
Però il teatro di narrazione nasce anche da tue precise esigenze espressive. Non è così?
 
Certamente. Io ho fatto la Scuola di teatro a Bologna, quella di Arte Drammatica Paolo Grassi a Milano e ho debuttato nel ruolo di Laerte nell’Amleto di Shakespeare, ma sono legato alle esperienze con Marco Baliani, Gabriele Vacis e al concetto di storytelling. Questo lo devo al mio maestro Jurij Alschitz da cui ho appreso esercizi e metodi particolari, senza recitare o interpretare nel senso consueto del termine, ma entrando direttamente ed emotivamente con tutto me stesso nei personaggi.
 
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
 
Continuerò a girare fin che me lo chiedono con questo spettacolo. Ad esempio, a San Donato Milanese hanno inaugurato una piazza a don Pino Puglisi e il sindaco mi ha chiesto di portare anche lì il mio lavoro. Sarò prossimamente a Quarto Oggiaro, altra periferia critica di Milano. Dal punto di vista delle novità teatrali, sto lavorando a una rielaborazione del romanzo intitolato Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, che tratta un altro tema di grande attualità come la migrazione. Ma naturalmente sono disponibile anche per qualsiasi ruolo significativo di attore.
 
Ritrovare don Puglisi, i suoi insegnamenti, e superare gli incubi del passato: intervista a Christian Di Domenico
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