con Giovanni Franzoni, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Riccardo Buffonini, Giuseppe Lanino, Edoardo Chiabolotti, Giusto Cucchiarini, Ludovico D'Agostino, Filippo Quezel
produzione Teatro dell'Elfo
Al Teatro Elfo Puccini Sala Shakespeare 20 ottobre - 12 novembre 2017
Quando un testo teatrale si fonda, in maniera così dettagliata e completa, su atti di un processo giudiziario, non si può non lavorare sulla forte analogia tra il linguaggio teatrale e quello processuale. Non contiene tanti elementi teatrali un'udienza o un dibattimento in tribunale? Dove i personaggi indossano costumi, come toghe e quelle parrucche che ancora fino a pochi anni portavano magistrati e avvocati nei tribunali britannici. Non sono come dei monologhi teatrali le arringhe o le sentenze? E in generale il processo non è un rito, una liturgia con la sua pomposità e solennità? Su questa somiglianza hanno lavorato Ferdinando Bruni e Francesco Frongia nel mettere in scena uno pei processi simbolo della Storia, quello a Oscar Wilde condannato per un atto d'amore secondo una mentalità liberticida e ipocrita come quella dell'Inghilterra vittoriana. Laddove la ricostruzione dei processi mostra chiaramente come a essere stata messa sotto accusa sia stata anche l'arte dello scrittore, nella colpa che per i giudici sarebbe stata insita nelle stesse pagine delle sue opere. E tornano in mente tanti casi simili a partire da Pasolini. Ed è evidente anche da questa ricostruzione come Oscar Wilde sia stato il capro espiatorio di una società di estrema ipocrisia, dove la pratica per gli aristocratici di frequentare giovinetti a pagamento era tutt'altro che rara.
Bruni e Frongia lavorano di teatro povero, lasciando e scarnificando la scena all'essenziale, dominata dal colore nero. Tutti i personaggi sono in abiti neri, a parte i marchettari nel siparietto genettiano e lo stesso Wilde nella prima parte, che indossa abiti chiari. Ma anche lui diventerà nero, sarà omologato nel processo, gli verranno tarpate le ali. Wilde è l'albatro dei Fiori del male. I personaggi sono al contempo anche narratori e tutte le fonti sono citate in ossequio a tutti i punti di vista che sono stati contemplati da Kaufman.
Bruni e Frongia usano degli elementi scenici con parsimonia, come delle sbarre orizzontali rette da aste a mo' di cavalletto, che possono assumere varie funzioni, da podio a tribuna per chi parla nel processo, o comporsi per assumere il ruolo di sbarre di una cella. E poi degli anacronistici microfoni, che ancora sottolineano la dimensione teatrale. Come teatrale è il richiamo a Shakespeare, usato dallo stesso Wilde per sottolineare l'analogia con la sua condizione, nei sonetti d'amore. È un coup de théâtre nominare a un certo punto la sodomia. E Oscar Wilde, un ottimo Giovanni Franzoni, può volgere lo sguardo al pubblico in sala come a un'ideale giuria di un tribunale della Storia. Con il teatro Ferdinando Bruni, Francesco Frongia e Moisés Kaufman rendono giustizia a un uomo di teatro come Oscar Wilde.
Qualche voluto eccesso caricaturale, soprattutto nel personaggio del padre dell'amante di Wilde e di giornalisti e testimoni, fanno cadere a tratti lo spettacolo nel farsesco. Ma il crescendo della parte finale è qualcosa di commovente.
Atti osceni