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Se il Cuculo nidifica ad Aversa - Intervista a Maurizio De Giovanni


Dall’America anni ’70 all’Italia anni ’80: così il teatro USA arriva alla scena italiana. All'Eliseo due originali adattamenti partenopei portano in scena "American Buffalo" di Mamet e il celeberrimo "Qualcuno volò sul nido del cuculo".

Dopo la trilogia di Mamet, debutta all’Eliseo un altro epocale testo americano: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, diretto da Alessandro Gassmann e prodotto dalla Fondazione Teatro di Napoli. La nota storia di questo testo incrocia varie forme artistiche: l’adattamento del romanzo che Ken Kesey pubblicò nel 1962 fu oggetto di una trasposizione teatrale firmata nel 1971 da Dale Wasserman per Broadway, a sua volta base della sceneggiatura dell'omonimo film di Miloš Forman, interpretato da Jack Nicholson quattro anni dopo ed annoverato fra i migliori film della storia del cinema. Pluripremiata, la pellicola conquistò fra l’altro ben 5 Oscar e 6 Golden Globe, incluso, in entrambi i casi, il premio a Lawrence Hauben e Bo Goldman per la migliore sceneggiatura non originale.

One Flew Over the Cuckoo's Nest”, ambientato in un ospedale psichiatrico dell’Oregon (che nel film diventa Salem, California), nel 1963, racconta l’anelito alla libertà di un gruppo di pazienti sottoposti a pesanti trattamenti coercitivi e, attraverso i riferimenti all’attualità del tempo, costituisce una chiara metafora della società repressiva americana. Pur connotata da una ambientazione specifica e con espressi riferimenti alla situazione politica degli Stati Uniti dell’epoca, l’opera resta secondo Gassmann una lezione d’impegno civile” e “una straordinaria metafora sul rapporto tra individuo e Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell'uomo da parte di altri uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere” (note di regia). Per questo oggi arriva sulla scena nostrana con un adattamento in tournèe da qualche mese, che finalmente sarà a Roma, Teatro Eliseo, fino al 29 gennaio.

Evidentemente, la apprezzabile scelta di portare in scena in Italia testi storici, nati in altri tempi e luoghi, implica non solo la necessità di tradurli, ma anche quella di trasporli per rendere i personaggi riconoscibili e dunque comprensibili, al pubblico in sala. Per la sua messa in scena Gassman sceglie dunque di utilizzare un testo inedito, adattato dall’autore napoletano Maurizio De Giovanni, già autore del fortunato adattamento di American Buffalo, presentato al Piccolo Eliseo ad inizio stagione. Abbiamo chiesto a lui di raccontarci quali siano i punti essenziali di queste operazioni.

Le grandi storie sono facili da affrontare, perché raccontano di sentimenti, passioni, elementi condivisi da tutti”, ci dice. Tuttavia il suo lavoro su “American Buffalo” e su “Qualcuno volò sul nido del cuculo” è stato piuttosto diverso: “Ho avuto più difficoltà con Mamet, perché mi trovavo davanti un testo teatrale con una struttura molto definita, dovevo muovermi su un sentiero bel delineato. Con il ‘Cuculo’ è stato più facile, mi sono basato molto sul romanzo di Kesey oltre che su una traduzione della versione di Broadway (fatta da Giovanni Lombardo Radice, ndr). La struttura era quindi molto più ampia e potevo muovermi dentro un recinto, con maggior libertà”.

A guidare il suo lavoro non è dunque in primo luogo linguaggio, materia che necessariamente affronta in primo luogo il traduttore, bensì l’impianto, lo scheletro della storia. “L’adattamento è un vestito: le grandi storie hanno un corpo che resta sempre valido, vanno spogliate dall’abito che le inserisce in un tempo e un luogo specifico, e rivestite in modo da rendere visibile la loro attualità. Si tratta di sartoria, insomma”.

E’ così che l’anonimo junk shop di una imprecisata provincia statunitense di “American Buffalo” diventa il rigattiere in un buio vicolo campano, con quel che ne consegue in termini di linguaggio e caratterizzazione dei personaggi. Più complessa, invece, la scelta di avvicinare cronologicamente e geograficamente a noi la vicenda di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, ambientandola nel manicomio criminale di Aversa nel 1982: “Per questa trasposizione ho scelto un altro passato, collocando la storia nel manicomio criminale di Aversa durante i mondiali di calcio dell’82. Era necessario trovare un corrispettivo storico in cui fosse legalmente possibile la segregazione dei pazienti, e l’ho individuato in un nostro manicomio poco prima che l’applicazione della legge Basaglia determinasse nuove modalità di gestione delle infermità mentali”. Il collegamento con i mondiali serve a ricreare il parallelo con il baseball, seguito con passione dal gruppo di pazienti, sport tipicamente americano e importante elemento di condivisione nella storia originale.

L’ambientazione italiana delle vicende in entrambi i casi colloca i personaggi in realtà locali, e dunque regionali, specifiche, con conseguenti specificità linguistiche. De Giovanni sceglie però di non usare il dialetto, ma “solo delle inflessioni, per rispetto alla storia che deve essere comprensibile a tutti”. Se con “American Buffalo” l’accento è funzionale a calare la storia in una realtà suburbana ben identificabile, diverso è quanto accade nel “Cuculo”, nel cui adattamento sono state usate molte inflessioni regionali, “perché il tema portante è quello dell’isolamento, della diversità e sentivo che i personaggi dovevano essere ‘diversi’ anche fra loro”.

La specificità linguistica, oltre che clinica, dei personaggi contribuisce in effetti ad isolare ciascuno in un mondo a sé, ma è anche funzionale a creare un microcosmo variegato, conferendo verità all’insieme e notevole vivacità all’andamento dello spettacolo. Lo sfondo, in entrambi i lavori, resta quello partenopeo, sempre efficace perché “Napoli è una città-mondo, in cui sono presenti universalmente tutti i contesti e le tipologie umane, dove è possibile trovare ambientazioni universali”. Il risultato di entrambe le operazioni è incredibilmente efficace nell’avvicinare la storia e i personaggi allo spettatore, così come nel portare in scena, intatto, il senso più profondo e alto dell’opera.

Scrittore di gialli e sceneggiatore per la televisione (è in uscita la serie “I bastardi di Pizzofalcone”, tratta da alcuni suoi romanzi, che vede lo stesso Gassman nel ruolo dell’ispettore Lojacono), scrive per il teatro “solo per diletto”, ma dopo queste due esperienze sta ora pensando a un adattamento del Don Chisciotte per Peppe Barra.
Intervista pubblicata su La Voce di NY
Se il Cuculo nidifica ad Aversa - Intervista a Maurizio De Giovanni
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