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Un pomeriggio insieme a Roberta Caronia…
a cura di Roberto Canavesi
L’attrice siciliana si racconta in occasione delle repliche torinesi de Il berretto a sonagli 
Torino, al Teatro Astra, da martedì 17 a martedì 31 dicembre 2019
Sotto l’albero di Natale della Fondazione TPE ecco Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello nell'originale versione diretta da Valter Malosti, in scena al Teatro Astra fino al prossimo 31 dicembre: primo incontro tra l’attore e regista torinese con il teatro del drammaturgo agrigentino, ‘A birritta cu’ i ciancianeddi viene scritto in lingua siciliana nell'agosto 1916  per l’attore comico dialettale Angelo Musco. Sarà lui a portarlo in scena al Teatro Nazionale di Roma il 27 giugno 1917 in una versione adattata dallo stesso incauto interprete che arriva a smarrire il manoscritto originale, costringendo così Pirandello a lavorare per la successiva redazione in italiano, poi arrivata fino ai giorni nostri, su di un copione tagliato e rimaneggiato. 
Solamente nel 1965, con relativa pubblicazione nel 1988, si ritroverà la prima stesura: testo più duro, politicamente scorretto, a tratti ferocemente antimaschilista, con alcune significative varianti in molti ruoli, rispetto all'edizione in lingua, ed una scena all'inizio del secondo atto totalmente assente nella versione italiana. Su questo materiale Malosti ha lavorato per uno spettacolo che lo vede protagonista, nei panni dello scrivano Ciampa, insieme a Roberta Caronia cui è affidata la parte di Beatrice Fiorìca. Nei giorni precedenti il debutto torinese, abbiamo incontrato proprio l’attrice palermitana per una conversazione a tutto campo sullo spettacolo e sulla sua idea di arte e teatro. 

Una carriera, divisa tra cinema, teatro e televisione, che ti ha vista lavorare con registi come Marco Tullio Giordana, Daniele Lucchetti, Daniele Salvo e lo stesso Valter Malosti: molti artisti che sperimentano questa alternanza vivono il teatro come una sorta di richiamo della foresta. Quale per te il significato, e l’eventuale valore aggiunto, di poter periodicamente tornare su di un palcoscenico? 
"Il teatro è faticoso, richiede una grande quantità di tempo, non puoi giocare al risparmio ed è un’esperienza totalizzante, o ne sposi in pieno la causa, o non lo fai: partendo da queste certezze molte volte mi chiedo io stessa perché si continui a fare teatro e la risposta che mi do è che se un attore nasce, da un punto di vista professionale, a teatro, potrà anche fare televisione e cinema, ma prima o poi su di un palco avverte la necessità di tornare. Ed in questa scelta giocano un ruolo fondamentale tanto il rapporto diretto con il pubblico quanto la centralità della parola intesa come strumento che l’attore riceve dall'autore di turno: ed ancora l'importanza del proprio corpo nei cui confronti si attua sulle tavole del palcoscenico un continuo processo di conoscenza e scoperta”. 

Questo allestimento richiama la prima stesura del testo, ritrovata nel 1965 e pubblicata nel 1988: una scoperta sorprendente, sia da un punto di vista di contenuti che linguistico, intorno a cui lingua e dialetto si fondono in un unicum: quale il tuo personale approccio ad una rilettura più popolare, anche impreziosita da pillole da teatro di varietà e da Opera dei Pupi? 
"Posso dire senza timore di smentita che questo spettacolo mi ha costretta a cambiare il modo di stare in scena, a vivere l’esperienza artistica sotto una prospettiva diversa: il periodo di formazione in Accademia, se ha ovviamente fornito tutte le solide basi su cui si fonda il nostro mestiere, mi aveva forse un po’ fatto perdere di vista l’originario colore siciliano. Prima del Berretto, infatti, non avevo mai recitato nella nostra lingua/dialetto, e con il passar delle repliche ho capito come coltivare ogni sera il profondo legame con la sicilianità che ho dentro mi avrebbe permesso di arrivare dritta al cuore del mio mestiere”.

Beatrice Fiorìca è una donna che, scoperto il tradimento del marito, procede per scatti, spesso in preda ad improvvisi sbalzi di umore: nella tua resa scenica cosa hai portato in lei della Roberta "donna”? 
"La richiesta di Valter è stata chiara sin dall'inizio, voleva una carattere forte, molto energico: da queste premesse devo dire che con il passare delle repliche ho trovato un solido equilibrio interpretativo, ed oggi posso affermare con una certa sicurezza che in Beatrice ci sia una parte di Roberta. Un interprete deve individuare i possibili punti di contatto con il suo personaggio, e su queste specificità insistere e lavorare. A teatro, come al cinema o in televisione, c’è sempre una parte di me in tutti i ruoli che rivesto, e non ho mai creduto ad una totale dissociazione tra attore e personaggio.
Nello specifico Beatrice è un carattere che amo molto: in un’epoca in cui alla donna non era consentito di essere artefice del proprio destino, la sua non è una ribellione all'idea delle corna tout court, ma ad una famiglia che ha deciso, per convenienza e convenzione sociale, che lei debba star zitta, senza possibilità alcuna di disobbedienza e ribellione civile
”. 

Beatrice Fiorìca di Luigi Pirandello, ma anche Ifigenia in Cardiff nel monologo di Gary Owen e, nel maggio 2020, Giulietta nell'omonimo racconto di Federico Fellini: tre diverse tappe del tuo percorso artistico con comune denominatore le regia di Valer Malosti. Quanto è importante lavorare in momenti diversi con lo stesso regista? 
"E’ innegabile come con Valter si sia creata nel corso del tempo un’importante alchimia professionale, e considero un privilegio assoluto l’aver potuto affrontare personaggi così diversi perché questo mi ha permesso di intraprendere un accurato lavoro su me stessa. Tutto questo è stato possibile grazie ad un rapporto di reciproca fiducia che si è instaurato con il Valter regista, persona che più ti conosce, più ti aiuta a superare possibili fragilità e debolezze. Se è giusto, per non dire doveroso, che nell'arco del tempo un artista possa lavorare con registi diversi, anche depositari di idee di teatro tra di loro differenti, è altrettanto bello laddove si creino i presupposti costruire con la stessa persona un percorso artistico in più riprese”.

Per concludere una curiosità più che una domanda: per ovvie ragioni gran parte delle prossime feste le trascorrerai a Torino, dove sei già stata e sarai in futuro impegnata da un punto di vista lavorativo. Quale il tuo rapporto con la città, teatralmente parlando tra le più vive e vitali del nostro paese? 
"Se Palermo è la mia città di origine, Roma quella in cui vivo e dove è nato mio figlio, Torino lo considero il luogo di elezione artistica: nel capoluogo piemontese, oltre naturalmente al Berretto, ho infatti preso parte a significativi progetti come The Coast uf Utopia, diretto da Marco Tullio Giordana, Ifigenia in Cardiff in scena per il Festival delle Colline Torinesi, e ad altre esperienze televisive. Convinta come sono che non tutti i pubblici siano uguali, ma che ogni platea rispecchi la comunità di appartenenza, ho sempre considerato il pubblico torinese colto ed educato al teatro, aspetto molto importante nel gioco di relazione e comunicazione che un artista spera sempre possa crearsi con lo spettatore”. 

Produzione Fondazione TPE diretta da Valter Malosti, anche in scena con Roberta Caronia, Paola Pace, Vito Di Bella, Paolo Giangrasso, Maria Lombardo e Roberta Crivelli, per Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello repliche al Teatro Astra fino al 31 dicembre, escluse le giornate da lunedì 23 a giovedì 26 dicembre, con inizio alle 21, tranne che il mercoledì alle 19.30 e la domenica alle 17. Biglietti ad Euro 25 ed Euro 17, ad Euro 10 per gli under 30. Info e prenotazioni allo 011.56.34.352 o su www.fondazionetpe.it.
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