traduzione Monica Capuani; regia Filippo Dini
con Valerio Binasco, Filippo Dini
scene Laura Benzi; costumi Katarina Vukcevic; luci Pasquale Mari; musiche Aleph Viola; assistente alla regia Carlo Orlando
Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale
Per gentile concessione di The Agency (London)
Di origine anglo pakistana Kureishi è scrittore che sa scrivere, ed anche molto bene, offrendone testimonianza nel racconto dell’amicizia tra il farmacista Vargas ed il dentista Sonny da una vita soliti ritrovarsi sempre nello stesso pub, The spank, alimentando un rapporto di fiducia ed affetto: tutto sembra filare liscio, la vita professionale di successo fa il paio con un ménage famigliare attraversato dalle piccole grandi crisi dell’uomo di oggi, fino a quando un messaggio spedito con il telefonino manda in crisi tutto e tutti.
Nella traduzione molto teatrale di Monica Capuani la scrittura di Kureishi è tanto semplice quanto diretta, arriva dritta alla sensibilità di uno spettatore che non fatica a rivedersi nei dialoghi di due uomini sempre più distanti: ci si interroga, battuta dopo battuta, sui fallimenti in amore, sul futuro delle nuove generazioni e, soprattutto, su quel rapporto con i figli ogni giorno da costruire come nel caso di Leila, la figlia di Sonny, giovane insoddisfatta da una vita che le ha dato tutto, ma forse proprio per questo decisa a rinfacciare ai genitori i suoi insuccessi. Sonny e Vargas iniziano a giocare con l’elastico, si allontanano e si avvicinano, e quando sembra che la riappacificazione sia ormai prossima ecco aumentare le distanze, sino al finale che una volta avremmo definito "aperto" in cui Sonny fa fagotto ed esce di scena senza chiudere il cerchio sul suo destino di uomo in crisi.
Al netto dell'epilogo un po’ bruciato, il grande merito di The spank è di aver portato a teatro un argomento poco praticato come l’amicizia: si danno troppe cose per scontate? Si pensa che non possa esercitare grande interesse sul pubblico? Certo è che non capita spesso di imbattersi in partiture che raccontano di un legame amicale, ancor meno dalla prospettiva maschile. Una scommessa vinta anche grazie alla convincente interpretazione dei due protagonisti: a partire dal Vargas di Filippo Dini, uomo realizzato che non esitando a render pubblico lo sgarro di Sonny ne tradisce la fiducia alterando i fragili equilibri di una vita intera. Al suo fianco Valerio Binasco incarna il Sonny profondamente deluso che si trova a dover fronteggiare la sua famiglia come quella dell’amico, ma anche la donna con cui ha cercato di svoltare: in un mix di recitazione ora più ragionata ora più istintiva, impreziosita da momenti di sottile umorismo, prendono forma cento minuti attraversati da passioni e pulsioni in dialoghi genuini e senza fronzoli. E se alla fine non sembra esserci un vincitore, l’uscita di scena di Sonny fissa nell’immaginario del pubblico, non senza una buona dose di amarezza, la consapevolezza della fragilità dei rapporti umani, anche di quelli più intimi e radicati nel tempo.
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