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Dialogando con Leonardo Lidi alla scoperta de IL MISANTROPO
a cura di Roberto Canavesi
Il compleanno di Moliére si festeggia con una rilettura del suo grande classico
Torino, al Teatro Carignano, da martedì 4 a domenica 22 maggio 2022
Correva l’anno 1622, la data del 15 gennaio è ancor oggi molto controversa, e in un sobborgo parigino vedeva la luce quello che sarebbe diventato uno dei riferimenti per il teatro di tutti i tempi, Jean-Baptiste Poquelin in arte Moliére: quattro secoli sono passati, ma le opere del commediografo francese ancor oggi risaltano per attualità e modernità di un messaggio in grado di restituire al pubblico un’analisi implacabile di certe distorsioni sociali al pari, è il caso de Il misantropo, dell’allucinata tragedia di un uomo ridicolo che solo grazie all’amore può sperare di trasformare la propria buia quotidianità.
Infinite nel corso degli anni, riletture, reinterpretazioni ed adattamenti dello sconfinato corpus teatrale, segno di un’attenzione che non conosce il trascorrere del tempo cui oggi lo Stabile di Torino offre il suo contributo con l’allestimento affidato alla cura di Leonardo Lidi: e proprio con l’attore e regista piacentino ci siamo intrattenuti per una conversazione a tutto campo nel tentativo di indagare genesi e motivazioni sottostanti la decisione di intraprendere questa nuova sfida per la scena.

Ogni allestimento è l’esito finale di un percorso le cui radici sono spesso sconosciute ai singoli spettatori: quali le motivazioni che ti hanno spinto a confrontarti con un classico dei classici del quale in quattro secoli già tanto si è detto, scritto e visto a teatro?
"A dire il vero era da tempo che ragionavo sull’idea di confrontarmi con il teatro di Moliére: quest’anno poi la ricorrenza dell’anniversario dei 400 anni dalla nascita ha offerto un ulteriore stimolo e fatto intravedere la possibile uscita di un tunnel progettuale in cui ero entrato durante il primo lockdown ponendomi delle specifiche domande alle quali cercavo risposte nei classici.
Nello specifico, attraverso gli strumenti propri della ricerca artistica, volevo mettere il punto sulle conseguenze dell’imperante distanziamento sociale, mettendo a fuoco l’idea di vivere l’altro come una minaccia in un itinerario che, da un punto di vista sociale, sono convinto ha già generato, e continuerà a riservare in futuro, delle pericolose conseguenze: attraverso lo studio e l’incontro con un classico volevo approfondire questi ambiti ed ho individuato ne Il misantropo il testo adatto a questa esigenza, ideale punto di partenza per una ricognizione culturale e sociale che parte dal carattere di Alceste deciso, sin dalla sua terza battuta, a palesare in maniera diretta e manifesta questa tendenza all’isolamento
".

Dalle tue parole si coglie quasi "un’urgenza sociale" che accompagna il lavoro su Il misantropo, opera con più di trecentocinquanta anni di vita sulle spalle: quali i legami con il presente mai come in questi tempi depositario di un potere destabilizzante?
"Il principale legame con il presente è l’idea di vivere gli altri come una minaccia in luogo della possibilità di costruire un dialogo: se ne Il Misantropo si parla di massimi sistemi è anche vero che lo si fa attraverso la lente di quell’amore oggi più che mai da rimettere al centro del nostro pensiero, pena il concreto rischio di rendere interscambiabili le persone con le macchine. Sono queste a mio parere l’urgenza e la necessità del mondo culturale. Detto ciò, se è vero che il 2022 è un anno di celebrazioni molieriane, non ci siamo fatti trasportare dall’idea della festa di compleanno: semmai abbiamo indirizzato i nostri sforzi verso un’operazione in grado di rivolgersi in modalità politica allo spettatore di oggi. Non dimentichiamoci che Moliére ha sempre parlato allo spettatore del suo tempo con specifici riferimenti: e proprio per far sì che il pubblico contemporaneo sia il più possibile in empatia e condivisione con le parole, ho avvertito la necessita di mettere mano all’originale convinto che un mancato tradimento da un punto di vista testuale, nascondendosi dietro l’inattaccabilità del classico, sarebbe una forma di tradimento molto più alta".

Tema universale della scena di tutti i tempi, anche nel teatro di Moliére l’Amore la A maiuscola irrompe con tutta la sua forza contraddittoria: le figure di Alceste e Celimene ne incarnano due delle infinite possibili sfaccettature. Quale l’interpretazione che dai al più nobile dei sentimenti?
"Tutti i personaggi per esser presenti sul palcoscenico portano una loro interpretazione dell’amore: dirò di più, acquisiscono esseri stessi piena ragion d’essere proprio nel farsene testimoni di personali riletture, ciascuna inevitabilmente diversa dall’altra. Rispetto a Celimene, per tradizione intesa come maschera di un arrivismo sociale che non le rende piena giustizia, ricordiamoci sempre che è una donna di venti anni, vedova, la cui unica ambizione è quella di rimanere in mezzo alla società, di non sparire nell’oblio del qualunquismo: in lei si materializza il desiderio di contrasto della non meno evidente volontà di isolamento di Alceste.
Come sempre cercherei di rifuggire dalle schematizzazioni dell’eroico Alceste e della perfida Celimene, arrivando ad una rilettura dei caratteri che si discosti da un approccio bidirezionale e bidimensionale lasciando spazio alla messa in risalto delle tante possibili sfumature presenti nel testo che verrebbero compromesse da un approccio superficiale
”.

La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij: ma forse oggi, seguendo il tuo ragionamento, è all’amore che dobbiamo affidarci come comunità di persone per rivivere a pieno quel processo di umanizzazione del quotidiano messo a dura prova dalle alienazioni del presente?
"Sono convinto che stiamo vivendo un momento di autodistruzione del genere umano: ce lo dice il pianeta e ce lo dicono i nostri corpi. Siamo in una fase in cui se ci continuiamo a chiudere nel meccanismo di relazioni sociali ed affettive, arriveremo ad una lenta e progressiva aridità. Il pensiero unico è quello di un amore inteso come necessaria condivisione di spazio e tempo, rifuggendo così il rischio di rinchiudersi in una bolla elitaria, ma di aprire il pensiero sposando la causa di nuove sfide, fermo restando la sempre inattaccabile indipendenza delle singole scelte artistiche: e di tutto questo credo si debba rendere assoluto merito al Teatro Stabile di Torino che proprio in questa direzione, non priva di rischi, sta investendo forze ed energie. Anche questa secondo me è una forma di amore assoluto".

Da ultimo, è sempre interessante indagare le coordinate del lavoro costruito con i propri attori: nell’attesa del prodotto finito, quali le richieste principali rivolte ai tuoi interpreti, attori ed attrici con molti dei quali hai già proficuamente lavorato in precedenti spettacoli come Spettri e La città morta, La casa di Bernarda Alba e La signorina Giulia
"Premetto che sono sempre molto attento, nella costruzione dei miei gruppi di lavoro, a non creare delle tribù chiuse formate dalle stesse persone, assecondando una scelta che potrebbe esser più comoda e meno rischiosa da un punto di vista concettuale, ma che esporrebbe inevitabilmente tutti ad una sorta di meccanicità del lavoro: mi piace creare cast compositi, facendo provini e arrivando alla definizione di un team formato da presenze già conosciute e da artisti con cui invece partire alla reciproca scoperta. Se è vero che qualsiasi spettacolo parte da una condivisione assoluta dell’intero progetto da un punto di vista politico e culturale, entrando più nello specifico de Il misantropo massima attenzione è stata riservata al desiderio di tenere sempre vivo il sentimento in scena, alla ricerca di una continua empatia con il proprio personaggio dedicandosi in tutto e per tutto a far sì che la vita entri all’interno della singola replica".

Produzione Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Il misantropo di Moliére adattato e diretto da Leonardo Lidi vedrà in scena Christian La Rosa, Giuliana Vigogna, Orietta Notari, Francesca Mazza, Marta Malvestiti, Alfonso De Vreese e Riccardo Micheletti: tre settimane di repliche al Teatro Carignano martedì, giovedì e sabato alle 19.30, mercoledì e venerdì alle 20.45, domenica alle 15.30, con biglietti ad Euro 37 ed Euro 34. Info allo 011.51.69.555 o all’800.235333 con vendita online su www.teatrostabiletorino.it.
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