Per definizione festival multidisciplinare di arti performative, il Fringe in versione sabauda sarà all’insegna della "extravaganza", neologismo che ben inquadra le molteplici facce di una rassegna ricca di appuntamenti da non perdere, tra prime nazionali e spettacoli di prosa, musicali e interattivi, stand up comedy e performance adatte a tutta la famiglia: nella settimana dell’Eurovision, dal centro salottiero alle colorate periferie Torino sarà un teatro a cielo aperto dove poter valorizzare la creatività emergente in dialogo con le esperienze di nomi affermati, la dichiarata innovazione con la commistione di esperienze artistiche. A guidare la complessa macchina organizzativa è Cecilia Bozzolini, per il Fringe passata dal palcoscenico alla scrivania, con cui abbiamo conversato per introdurre una rassegna dalle molteplici anime realizzata per garantire un’offerta multidisciplinare di qualità, innovativa e d’impatto sul territorio.
Dieci anni per un festival teatrale sono un traguardo importante e dalla forte valenza simbolica: un arco di tempo che hai vissuto a tutto campo, prima sul palcoscenico ed ora nella veste di Presidente del Direttivo. Riavvolgendo il nastro, come racconteresti questo primo decennio del Torino Fringe festival?
"Tutto ha avuto inizio nel lontano 2012 a seguito di una call rivolta alle compagnie torinesi al tempo attive sul territorio: ricordo bene come alla Casa del Quartiere si ritrovarono più di quaranta collettivi e da quel giorno si è iniziato a pensare se e come avremmo potuto proporre nel contesto torinese una formula ispirata all’originale di Edimburgo. È così nata una prima edizione che oggi definirei folle, rassegna con un’organizzazione totalmente auto gestita e auto finanziata da una serie di happening pre-festivalieri che servirono proprio a raccogliere fondi per la complessa e dispendiosa macchina organizzativa: un ricordo personale è che proprio in quel primo anno, nella veste di attrice, debuttai con lo spettacolo Frattaglie diretto da Mauro Piombo. A seguire si è ogni anno aggiustato il tiro facendo leva anche sui primi riconoscimenti materiali e, se proprio dovessi individuare una sorta di spartiacque nella storia del Festival, credo che l’anno 2018 abbia rappresentato l’edizione svolta con il cambio del Direttivo che ha previsto una nuova rimodulazione organizzativa: c’è poi stata la pandemia che ha inevitabilmente rallentato tutti i lavori, permettendoci al tempo stesso di concentrarci e focalizzare i nostri sforzi su nuove possibili formule di coinvolgimento degli artisti e del pubblico".
Il motto dell’edizione di quest’anno è un curioso termine ibrido, extravaganza, che ben riassume le principali anime identitarie della rassegna, voler uscire dai tradizionali confini e sperimentare una molteplicità di linguaggi. Senza entrare nello specifico delle innumerevoli proposte, quali le coordinate dell’edizione 2022?
"Questo tema è l’originale frutto di una serie di riflessioni condivise: nonostante l’incertezza della pandemia e della mobilità, da e per il Festival, quest’anno abbiamo voluto allargare programmazione a compagnie non solo provenienti da tutto il territorio nazionale, ma anche ad ospitalità che provengono dall’estero ed in alcuni casi da oltreoceano. A ciò si aggiunga come rispetto alle prime edizioni sia ormai venuta meno all’interno del programma la distinzione tra le sezioni teatro, visual art, musica, performance, in luogo di un’idea più composita in cui sia possibile spaziare da uno spettacolo per così dire classico, di prosa, ad esperienze performative virtuali, azioni interattive, in generale a proposte all’insegna della commistione di generi e di linguaggi. Una rassegna poliforme, dalle molteplici anime, in cui lasciarsi extravagare, trasportare come all’interno di uno zibaldone teatrale".
Il cartellone è l’esito finale di un call internazionale con la candidatura di più di 500 nominativi da tutto il mondo: alla programmazione per cosi dire classica si affiancheranno eventi speciali con ospitalità non meno importanti. Cosa ci puoi dire di queste attese guest star?
"Ci tengo a precisare come tutte le candidature vengano visionate integralmente dall’inizio al fine come in una sorta di cineforum collettivo: il fatto che ogni membro del Direttivo abbia una piccola o grande esperienza attoriale ci ha permesso di approcciare alla fase della selezione da un doppio punto di vista, quello meramente artistico e quello più propriamente organizzativo. Per quanto riguarda invece le attese ospitalità la presenza di Natalino Balasso, con cui si inaugurerà il Fringe in un one man show negli spazi del recuperato Cinema Maffei, è da ricondurre ad una pregressa conoscenza e a consolidati rapporti professionali con la nostra città, mentre per gli attesi appuntamenti con il musicista Davide Oliveri o con i gruppi provenienti dall’estero lo si deve ad un importante lavoro organizzativo e di contatti con realtà anche non solo teatrali ma legate al mondo dell’editoria e dell’arte in generale".
Da sempre il Torino Fringe Festival per il suo carattere itinerante è una vetrina importante per rinsaldare i legami con il territorio e per costruirne di nuovi: in questi anni come si sono modificate le relazioni con la città ed i suoi abitanti?
"Se all’inizio di questo percorso il fine ultimo era impegnarsi in un tentativo di imitazione dell’originale di Edimburgo, con il passare degli anni il fatto di continuare quanto più possibile ad interloquire con gestori di locali, istituzioni, musei, ha permesso di arrivare ad una progressiva modulazione della programmazione che prevedesse il sempre maggior coinvolgimento del tessuto urbano e sociale della nostra città. Nel caso del Museo Egizio, ad esempio, ci siamo all’inizio incontrati senza aver ben presente quello che sarebbe potuto nascere ed il risultato finale è stato l’avvio di un interessante percorso progettuale comune: questa reciproca conoscenza con il territorio è anche nel tempo servita per chiederci che cosa in realtà avrebbe voluto vedere il pubblico, da un lato indirizzando anno dopo anno la nostra selezione e programmazione, dall’altro impegnandoci nella realizzazione di momenti informali e conviviali post spettacolo con la possibilità per gli spettatori di incontrare e discutere con gli artisti".
Immagina di aver di fronte un interlocutore del tutto ignaro del Fringe: cosa gli diresti per convincerlo a frequentare la full immersion lunga tre settimane in giro per la città?
"Senza ombra di dubbio gli prospetterei la possibilità di assistere ad un qualcosa di mai visto per la nostra città: una proposta di eventi a tutto campo, in cui oltre a vedere uno spettacolo si la possibilità di viverlo, sentendosi accolto in tutto e per tutto come in una grande famiglia in continuo movimento per gli spazi di Torino. Ci piace molto l’idea di investire ogni anno anche in un’ottica di crescente senso di appartenenza per il singolo spettatore che spettacolo dopo spettacolo, edizione dopo edizione, possa un giorno arrivare ad identificare la nostra città come la città del Fringe italiano".
Programma completo consultabile sul sito www.tofringe.it dove è anche possibile acquistare i biglietti per gli spettacoli, in alternativa alla sede centrale di via Saluzzo 30 a Torino: come da tradizione anche quest’anno saranno a disposizione del pubblico diverse possibilità di carnet ed abbonamenti.
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