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IL NOME DELLA ROSA
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Carignano di Torino il 25 maggio 2017
di Umberto Eco 

Versione teatrale di Stefano Massini, regia e adattamento di Leo Muscato. 

Con Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Giulio Baraldi, Renato Carpentieri, Luigi Diberti, Marco Gobetti, Luca Lazzareschi, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera, Marco Zannoni. 

Scene di Margherita Palli, costumi di Silvia Aymonino, luci di Alessandro Verazzi, musiche di Daniele D’Angelo, video di Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii.
Con il suo carico di misteri il romanzo ha segnato la storia letteraria del secondo Novecento: e se di non minore successo si può parlare per il film diretto da Jean Jacques Annaud, anche la rilettura teatrale di Stefano Massini, portata in scena da Leo Muscato con un cast di tredici interpreti, non passerà affatto inosservata. 

A venticinque anni dalla pubblicazione Il nome della rosa è oggi un atteso spettacolo, coproduzione di tre Stabili in un allestimento di grande effetto che vive in questi giorni a Torino il debutto assoluto, prima di una lunga ripresa nella prossima stagione: nel giallo a tinte fosche, ambientato in un'isolata abbazia benedettina del nord Italia, si rilegge il manoscritto di un anziano frate che ha trascritto quanto vissuto da novizio molti decenni addietro in compagnia del suo maestro. Un racconto attraversato da misteriosi delitti con il frate francescano Guglielmo da Baskerville ed il novizio Adso da Melk attenti investigatori per la risoluzione di una serie di arcani: nella versione teatrale tutto questo subisce una sorta di sdoppiamento, con la figura di Adso “da vecchio”  narratore nell'impianto visivo e sonoro che caratterizza l'onirica scena di Margherita Palli, una black box illuminata dalle luci di Alessandro Verazzi e da interessanti video proiezioni. 

Due ore e mezza abbondanti con la regia di Leo Muscato attenta nel mettere in luce le componenti chiave del romanzo d'origine: il susseguirsi di tragici eventi come il rapporto fede-verità, l'incontro-scontro tra filosofia e teologia o l'interpretazione delle Sacre Scritture al pari dei grandi classici. Ed ancora, messaggio quanto mai attuale, la necessaria diffidenza verso coloro che si dichiarano pronti a sacrificare la vita per la verità, salvo poi impegnarsi in prima persona nel mettere a serio rischio l'incolumità altrui prima che la propria. Nel succedersi di dialoghi dal taglio cinematografico si aprono, uno dopo l'altro con inquietante e regolare puntualità, i cassetti della memoria del vecchio Adso, la cui presenza in scena accompagna il resoconto di vicende di un'umanità dagli ambigui contorni: naturale conseguenza i molti e meritati applausi tributati all'intero cast, dal Guglielmo da Baskerville di un filosofico Luca Lazzareschi a Luigi Diberti e Giovanni Anzaldo, il vecchio ed il giovane Adso. Ed ancora Eugenio Allegri, camaleontico nel dar forma a due opposti caratteri come Ubertino da Casale e Bernardo Gui o il carismatico Renato Carpentieri nei panni di Jorge da Burgos, anziano depositario dei segreti dell'abbazia: a loro, ma anche a Daniele Marmi, Giulio Baraldi, Marco Zannoni, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Marco Gobetti, Mauro Parrinello ed a Franco Ravera il saluto finale di un pubblico partecipe e convinto.
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