Simbolo di illusione e di inganno, leggendario copricapo presente tra le pagine del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, Elmo di Mambrino è anche il curioso nome del collettivo torinese che insieme ad A.M.A. Factory, firma Don Chisciotte sulla luna, grottesca parabola a metà tra il letterario e l’onirico uscita dall’ispirata penna di Angelo Tronca, anche in scena con gli applauditi Francesco Gargiulo e Barbara Mazzi.

Chi si aspetta una fedele versione o rilettura del capolavoro di Cervantes dovrà presto cambiar idea di fronte alle avventure che attendono un'inedita versione di Don Chisciotte e Sancho, non più intrepidi ed energici paladini, semmai stanchi e demotivati sodali che navigano a vista senza più grandi prospettive: a dare loro la scossa sarà l’amletico spettro di una "collega", la Bradamante dell’Orlando Furioso che lo stesso Don Chisciotte avrebbe potuto conoscere leggendo le pagine del poema di Ludovico Ariosto. Sarà proprio lei, paladina di Francia, a coinvolgere Chisciotte e Sancho nella mirabolante avventura di sbarcare sulla luna per recuperare il senno di Orlando, ignara del fatto che una volta arrivati sul suolo lunare in tutto si imbatteranno fuorché nella tanto desiderata fialetta: ad attendere ed impegnare i due cavalieri, infatti, ci saranno un inatteso mare e delle piante di pero da salvare, mentre alzando gli occhi si potrà trovare conforto nel volo di quelle rondini uniche possibili ancore di salvezza in un destino tutto da disegnare.

Seconda tappa di una trilogia pensata per indagare, con toni sempre prossimi alla commedia, tematiche di valenza universale come esistenza e sopravvivenza, amore e coraggio, Don Chisciotte sulla luna è a tratti spiazzante pagina di teatro che mescola un'originale scrittura a suggestioni derivanti da due capolavori senza tempo della letteratura: se come interprete, insieme a Gargiulo e Mazzi, tratteggia con divertente grottesco personaggi e situazioni di sicura presa sul pubblico, nella veste di autore Tronca ricorre ad una scrittura ad elastico, fantasiosa e immaginaria per grandi tratti salvo poi, con saggezza, mai perder di vista l’originaria base di partenza. Il tutto si risolve in sessanta minuti scarsi con il pubblico seduto in cerchio a delimitare non tanto lo spazio fisico, quanto un luogo immaginario dove dar forma a viaggi e peripezie pronti ad attirare gli spettatori nel vortice di parole ed immagini destinato a risolversi in un emozionante finale di indubbia poesia.