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Pedalando tra i titoli del Festival TEATRO A PEDALI
a cura di Roberto Canavesi
La cronaca di tre giorni trascorsi con la rassegna firmata Mulino ad Arte
A teatro la parola estate è sinonimo di festival, rassegne più o meno lunghe che accolgono spettatori fidelizzati e nuovi con programmazioni in cui perdersi e disintossicarsi nelle calde serate: tra le proposte del territorio torinese si è negli anni ritagliato un ruolo di primo piano Teatro a pedali, ciclo di appuntamenti promossi a Piossasco dal collettivo Mulino ad Arte, diretto da Daniele Ronco, al cui interno trovano spazio arte, scienza e teatro nell’originale formula degli spettacoli alimentati dalla pedalata del pubblico su una pattuglia di biciclette elettriche.
Giunto alla sua quarta edizione, prima di una serie di incursioni in provincia e in altre regioni, il 2024 di Teatro a pedali ha tenuto compagnia nel mese di giugno con un cartellone di spettacoli e talk, incontri e cene di comunità, concerti e laboratori, impreziosito dalla presenza di ospiti come Raphael Gualazzi, Amalia Ercoli Finzi, Lorenzo Maragoni e Stefano Massini: il tutto nella suggestiva cornice del Teatro Il Mulino, casa teatrale della compagnia pronta ad accogliere nella sua sala, come nell’antistante Arena estiva, i titoli di un programma diffuso in alcuni spazi cittadini per un’offerta a tutto tondo quest’anno messa a dura prova dai capricci metereologici. 

La nostra incursione festivaliera ha preso il via in occasione del debutto nazionale di Genesi, performance collettiva scritta e diretta da Francesco Bianchi per la compagnia Seadogs con in scena un quartetto di interpreti che rispondono ai nomi di Chiara Barassi, Chiara Davolio, Sara Setti e Francesca Zaira Tripaldi: l’originale drammaturgia strizza l’occhio al genere fantasy nella narrazione immaginata intorno al North Pacific Garbage Patch, gigantesca isola di plastica che galleggia nelle acque dell’Oceano Pacifico per l’occasione ipotetico Eldorado verso cui rivolgere le manìe di potere e conquista delle superpotenza mondiali, Cina, India e Stati Uniti d’America. A scatenare inaspettate pulsioni, cui si accompagnano gli immancabili desideri di profitto, la scoperta della comunità scientifica secondo cui l’ingombrante ed inquietante mare di plastica potrebbe essere preziosa e remunerante fonte di energia, ed al tempo stesso pretesto per crescenti tensioni destinate a coinvolgere intere nazioni con incontrollabili ripercussioni sulla società civile.
In uno spazio scenico con al centro un’enorme distesa di plastica, illuminata dalla pedalata di infaticabili spettatori, teatro dell’ideale commistione tra energia sporca ed energia pulita, spazio ad un progetto ancora un po' da calibrare negli equilibri interni della distribuzione del testo, per quanto apprezzabile nelle questioni urgenti ed attuali sbattute in faccia allo spettatore senza filtri, sottolineando il peso di responsabilità e comportamenti destinati ad interessare le generazioni presenti e, soprattutto, future.

Si cambia del tutto genere per Grandi numeri, coproduzione Teatro Metastasio e Trento Spettacoli, con l’adrenalinico Lorenzo Maragoni dominatore indiscusso della scena in un one man show dai toni solo in apparenza leggeri e frivoli: se la performance mescola atmosfere da stand up e slam poetry immaginando la presenza di un ipotetico grande fratello, invisibile algoritmo che sovraintende alla nostra quotidianità, "il dottor Maragoni" con laurea in statistica è l’ideale guida per condurre lo spettatore in un viaggio dagli inquietanti contorni dove la risata "di pancia", ma soprattutto quella "di testa", induce ad una collettiva riflessione sull’insieme di dati ogni giorno in pasto all’etere in cambio di offerte commerciali, proposte d’acquisto, sondaggi dalla dubbia valenza. In tutto questo il pubblico non resta semplice spettatore, semmai diventa interlocutore diretto di un dialogo che lo porta ad interrogarsi su chi in realtà siamo, come viviamo, come ci relazioniamo, e soprattutto se siamo realmente consapevoli del diabolico ingranaggio di cui, nostro malgrado, ci troviamo a far parte.
Come uscirne, ci si potrebbe chiedere: tra battute, giochi linguistici e interazioni con la platea, Maragoni dispensa la sua ricetta, individuando nella poesia l’unico possibile salvagente cui appigliarsi con forza per galleggiare in un sistema oggi seriamente in grado di compromettere la libertà dell’individuo.

Terzo ed ultimo titolo cui abbiamo assistito è stato La sostenibilità ai tempi dell’antropocene in compagnia del sempre coinvolgente Stefano Massini, scrittore e narratore, come ama definirsi, pronto a dialogare con il pubblico in un monologo di condivisione in materia di sostenibilità sociale: al solito appassionato, il drammaturgo toscano prende la rincorsa lunga, dalla mitologia greca e dalle favole cinesi, per poi condurre lo spettatore in una riflessione sull’età moderna, l’antropocene del titolo, che vede l’uomo al centro di un sistema di relazioni spesso contrastanti con il pianeta Terra.
Aneddoti, riferimenti storici, pillole di vita vissuta, tutto per Massini serve nei sessanta minuti di speech per porgere domande al pubblico, per pungolare le coscienze del cittadino moderno, minandone certezze e (presunte) verità consolidate: siamo in grado di distinguere tra necessario e futile? Abbiamo la consapevolezza dei limiti da non superare? Tutto quello che compriamo ci serve veramente? Domande, cui ovviamente non è possibile fornire risposte universali, rivolte agli attenti spettatori, comunità pronta a condividere con il protagonista un’osservazione critica sulle tangibili ripercussioni di comportamenti e stili di vita nel nostro agire quotidiano.
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