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Il rito po(i)etico dell’ANIMA MUNDI di Lucilla Giagnoni
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Astra di Torino sabato 15 gennaio 2022
di e con Lucilla Giagnoni  

collaborazione ai testi Maria Rosa Pantè;   musiche Paolo Pizzimenti;  luci e video Massimo Violato;  assistente alla regia Daniela Falconi; segreteria artistica Elisa Zanino

Produzione Centro Teatrale Bresciano, TPE – Teatro Piemonte Europa
Portare la poesia a teatro è come camminare sui carboni ardenti, terreno se possibile ancora più infuocato in una stagione della vita in cui, per motivi a tutti noti, a teatro si fa molto fatica a ritornare: ci si potrà anche rifugiare in frasi come "i teatri sono luoghi più sicuri di tanti altri" ma resta il fatto che il futuro di chi in scena e dalla scena dovrebbe viverci non è certo dei più rosei, ed il tentativo di convincere le persone a radunarsi per assistere ad uno spettacolo di forte matrice poetica è da salutare come indubbio atto di coraggio.

Ciò premesso di coraggio a Lucilla Giagnoni non ne manca proprio, almeno a giudicare dal suo Anima mundi, titolo impegnativo, ai più noto per l'omonimo romanzo di formazione di Susanna Tamaro, e da oggi cifra identificativa di un viaggio nell’universo leopardiano come nel vissuto dell’interprete, e forse anche un po’ di tutti noi: proseguendo su di un pluriennale percorso già ricco di incursioni metateatrali (è il caso di Magnificat e di Furiosamente), servendosi dei sempre preziosi contributi luce e video di Massimo Violato e musicali di Paolo Pizzimenti, l’attrice toscana immagina un dialogo aperto tra la Terra di domani, dal non casuale nome Futura, e chi sulla Terra ci vive oggi, sballottato tra le domande di un presente dalla sempre più ostica comprensione. E quale la possibile chiave di interpretazione e decodifica dell’oggi? Quale il grimaldello per scardinare meccanismi all’apparenza inscalfibili? Domande universali, ci si chiede dalla platea, alle quali la Giagnoni offre come risposta il ricorso ad una poesia da intendere nella sua accezione etimologica greca, la volontà di fare e di attivarsi, di non cullarsi sul già noto, semmai di impegnarsi in nuove sfide per abbracciare nuove conoscenze.

Tesi già di per se coraggiosa per la cui validazione si ricorre alla figura di Giacomo Leopardi, il cantore del fare, il poeta che prossimo alla morte di fronte all’eruzione del Vesuvio non si lascia affascinare dai lapilli e della lava, ma si fa sedurre da un piccolo ed anonimo fiore, la Ginestra, per lui in quel momento stella cometa al pari di quella siepe che, in età giovanile gli indicò ne L’infinito la via maestra: all'interno di un dialogo a più voci in cui trovano spazio le parole del poeta come i ricordi di gioventù dell’attrice, lo spettatore è progressivamente attratto in un gioco di suggestioni dove l’anima del mondo assume le fattezze del nostro quotidiano, anche le più banali o impensate, per farsi viva rappresentazione di quell’esigenza di sapere, unica fonte cui potersi abbeverare per la sopravvivenza futura. 
L’esito finale sono ottanta minuti che definire di agevole comprensione sarebbe non corretto, performance teatrale molto alta, intellettuale, in cui Lucilla Giagnoni impressiona per naturalezza ed intensità in un coraggioso racconto magmatico, in continuo movimento, dove trovano spazio momenti di poesia come dialoghi di alleggerimento con il pubblico: operazione senza dubbio ardita, Anima mundi è teatro da ascoltare e respirare a pieni polmoni, rito po(i)etico capace di unire una collettività alle prese con le non sempre spiegabili contraddizioni del combattuto presente.
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