Con Elena Arvigo e Caterina Gramaglia
Scenografia Alessandro di Cola, Video Project Carolina Ielardi, Luci Manuel Molinu, Produzione Teatro Out Off
La scrittura di Fabre è densa, ma le immagini evocate sono oniriche e sospendono le parole in un flusso rarefatto, volatile. Eternamente chiamato al confronto con sé stesso, l’Artista si perde e ritrova incessantemente, in un gioco di specchi in cui entra anche il mondo esterno, attraverso gli occhi dello spettatore, ma solo nel riflesso della visione creativa. Un testo che suggerisce visioni surreali, carico di potenzialità drammaturgiche, sviscerato accuratamente dal “dire” e dal “non dire” di due attrici particolarmente attente al suono di ogni parola. In scena Elena Arvigo, che cura anche la regia, è affiancata dal “doppio” Caterina Gramaglia e la coppia funziona molto bene nel riproporre il mettere e il levare dello slancio creativo, i pieni e vuoti dell’esistenza, il dentro e il fuori dello sguardo.
Qualche riserva sulla regia, invece, che probabilmente risente anche di un adattamento ad uno spazio scenico non sufficientemente ampio, pur giocata con una visione molto personale sulla multimedialità e su oggetti scenici simbolici. Forte l’immagine del grande cuore “esterno” al corpo, belle le scale lunghe e slanciate che aspirano all’ascesa e belle immagini proiettate sulle due figure delle attrici, coinvolgenti i fluidi movimenti che suggeriscono il vortice della creazione e il volo delle idee, efficace anche la scelta delle musiche. Ma l’insieme risulta sovrabbondante e a tratti confuso nella lettura dei giochi di luce/ombra attraverso lo schermo e nella sovrapposizione di suono e voce. Così come risultano di troppo i testi in proiezione, che distraggono dal recitato dell’attore senza aggiungere nulla alla potenza della partitura di Fabre e al visionario ritratto d’artista a cui lo spettacolo dà comunque magica vita.