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Recensione di: Sport (Studio per)
Lavoro di ricerca sul movimento del corpo atletico
Le due principali fonti di ispirazioni di questo lavoro, per ora presentato come studio con un momento finale di incontro esplicativo della compagnia con il pubblico, sono alcune tavole cronografiche di Muybridge e il documentario di Werner Herzog, La grande estasi dell'intagliatore Steiner. Le prime sono il risultato dello studio del corpo in movimento, operato dal fotografo inglese di fine ‘800, attraverso la fissazione fotografica di immagini, visualizzate sincronicamente su un’unica superficie, una tecnica che precorre il cinema. In particolare quella che ritrae un cavallo al galoppo, evidenziando come gli zoccoli si sollevino contemporaneamente non nella posizione di completa estensione, contrariamente a come viene comunemente percepito. Il documentario del regista tedesco contiene numerosi rallenti dello sciatore svizzero Walter Steiner mentre spicca il volo dal trampolino. Con questa tecnica di rallentamento cinematografico è pure possibile scorgere alcuni momenti, come quello dello sciatore che apre involontariamente la bocca mentre è sospeso in aria, altrimenti impercettibili.
La scomposizione e la fissazione delle immagini nello studio della traiettoria di un corpo atletico, la possibilità di catturare, mediante tecniche fotografiche o cinematografiche, le smorfie e i movimenti involontari, tutto quello che sfugge al controllo di un corpo lanciato come missile in una performance sportiva. Questi sono l’oggetto di questo lavoro del Gruppo Nanou che trova, curiosamente, una convergenza in alcuni aspetti della ricerca compiuta dai Motus. Nel loro ultimo spettacolo, Alexis. Una tragedia greca, realizzano delle riprese in scena che vengono poi videoproiettate bloccando il fotogramma dei corpi degli attori in movimento, arrivando così al grado-zero fotografico e teatrale. E’ sorprendente che a farsi carico di questa riflessione metalinguistica sull’immagine-movimento sia proprio il teatro, espressione artistica molto più antica della fotografia e del cinema. A indagare sulla riproducibilità tecnica dell’arte è proprio quel tipo di rappresentazione che ne è priva. La ricerca del Gruppo Nanou va oltre quindi la semplice distinzione tra le forme d’arte per arrivare a un’ibridazione delle stesse.
Sport è realizzato con una scenografia assolutamente sobria, in cui spicca una grande linea luminosa che attraversa la scena. In questa essenzialità si coglie quello che è la fitta geometria dello sport, fatta di indicazioni, segnali, piste, linee di incanalazione, righe parallele che segnano separazioni invalicabili o, al contrario, ostacoli che bisogna cercare di superare. Un po’ come le linee sul terreno che, nel film Dogville di Lars Von Trier, indicano i contorni di costruzioni solo evocate. E’ l’essenzialità, lo schematismo dello sport, l’altro aspetto colto dal Gruppo Nanou.
Si rimane in attesa quindi della versione definitiva di Sport. Resta da vedere se gli autori opteranno per tenere o meno le immagini di atleti proiettate durante lo spettacolo, un momento didascalico che comunque risulta organico nel lavoro.
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