La scomposizione e la fissazione delle immagini nello studio della traiettoria di un corpo atletico, la possibilità di catturare, mediante tecniche fotografiche o cinematografiche, le smorfie e i movimenti involontari, tutto quello che sfugge al controllo di un corpo lanciato come missile in una performance sportiva. Questi sono l’oggetto di questo lavoro del Gruppo Nanou che trova, curiosamente, una convergenza in alcuni aspetti della ricerca compiuta dai Motus. Nel loro ultimo spettacolo, Alexis. Una tragedia greca, realizzano delle riprese in scena che vengono poi videoproiettate bloccando il fotogramma dei corpi degli attori in movimento, arrivando così al grado-zero fotografico e teatrale. E’ sorprendente che a farsi carico di questa riflessione metalinguistica sull’immagine-movimento sia proprio il teatro, espressione artistica molto più antica della fotografia e del cinema. A indagare sulla riproducibilità tecnica dell’arte è proprio quel tipo di rappresentazione che ne è priva. La ricerca del Gruppo Nanou va oltre quindi la semplice distinzione tra le forme d’arte per arrivare a un’ibridazione delle stesse.
Sport è realizzato con una scenografia assolutamente sobria, in cui spicca una grande linea luminosa che attraversa la scena. In questa essenzialità si coglie quello che è la fitta geometria dello sport, fatta di indicazioni, segnali, piste, linee di incanalazione, righe parallele che segnano separazioni invalicabili o, al contrario, ostacoli che bisogna cercare di superare. Un po’ come le linee sul terreno che, nel film Dogville di Lars Von Trier, indicano i contorni di costruzioni solo evocate. E’ l’essenzialità, lo schematismo dello sport, l’altro aspetto colto dal Gruppo Nanou.
Si rimane in attesa quindi della versione definitiva di Sport. Resta da vedere se gli autori opteranno per tenere o meno le immagini di atleti proiettate durante lo spettacolo, un momento didascalico che comunque risulta organico nel lavoro.